martedì 28 febbraio 2012

Gustave Flaubert, Giovanni Verga, David Foster Wallace

Gustave Flaubert, Madame Bovary. (Garzanti)
Giovanni Verga, Mastro-don Gesualdo. (Rizzoli)
David Foster Wallace, Questa è l’acqua. (Einaudi)
Senza nessuna intenzione di dire la mia su questi due capolavori. Cioè la mia l’ho già detta, sono due capolavori.
Vorrei solo fare osservare una vicinanza.
Ovvero che Emma Bovary non è una puttanella qualsiasi, così come Gesualdo Motta non è un qualsiasi cretino avido e accumulatore, e ancora una volta una delle caratteristiche dei capolavori della letteratura è di dire cose molto importanti sulla vita nel senso più generale e più profondo, quel genere di cose che sfuggono e sfuggiranno sempre alla cosiddetta psicologia scientifica. Sostanzialmente la grande letteratura dice le stesse cose che dice la filosofia e in un certo senso la religione, ma in un altro modo.
Emma Bovary e Gesualdo Motta hanno in comune una tensione esistenziale totale e divorante, lui verso la roba, nella convinzione che la roba lo farà diventare diverso da quello che è, lei verso l'amore inteso come possibilità, anche per lei, di diventare qualcosa di diverso da quello che è. Che anche senza tirare in ballo Jules de Gaultier, alla fin fine è poi semplicemente quello che fanno quasi tutti, ovvero la volontà di vivere di Schopenhauer. 
E vanno a finire male tutti e due, la Emma e il Gesualdo.
Perché, ce lo spiega David Foster Wallace in Questa è l’acqua.
David Foster Wallace dice che nella fatica che facciamo tutti i giorni per dare un senso alla nostra vita, non è possibile non venerare qualcosa. Si può solo scegliere che cosa venerare.
E come dice Wallace, un motivo importantissimo per venerare un certo dio o una cosa di tipo spirituale è che qualunque altra cosa veneriamo ci mangerà vivi, perché non riusciremo mai ad averne abbastanza. E non ci fermeremo mai perché di questo non saremo consapevoli, come Emma Bovary e Gesualdo Motta.
Queste cose, tutta la grande letteratura le sa da sempre.
Come sa da sempre che, come dice Wallace, il segreto consiste nel dare un ruolo di primo piano alla verità nella consapevolezza quotidiana. Che è, per dirlo ancora grosso modo con Schopenhauer, il ritiro dalla volontà, nella contemplazione.
Non che sia una soluzione al problema di vivere.
Ma la consapevolezza è forse l'unico vero aiuto che ci possiamo dare.
Anche se qualche volta non basta, perché in ultima analisi, come dice George Steiner, comunque non andiamo da nessuna parte. (bamborino)
La domanda che è necessario porre a ogni scrittore è la seguente: la sua opera accresce la nostra consapevolezza e in quale modo? (Harold Bloom, Il genio)

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