domenica 5 febbraio 2012

Marshall McLuhan

Marshall McLuhan, La galassia Gutenberg. (Armando)
L’astronave di Marshall McLuhan parte da Re Lear.
Il vecchio sovrano compie l’atto fondante dell’Epoca Tipografica, la delega la frammentazione e la periferizzazione. Del potere, della scienza, della produzione, di tutta l’esistenza dell’Uomo. Che Lear mostra visivamente riprodotto su una mappa. E qui c’è già tutto il libro.
L’astronave si aggira per tutta una galassia di fatti e di commenti, distribuiti disorganicamente e appunto galatticamente perché la storia dei movimenti economici scientifici sociali e di pensiero che hanno attraversato le diverse tecnologie subentranti della scrittura, dell’alfabeto fonetico e in seguito della tipografia a caratteri mobili, è una storia che non può essere ricostruita e raccontata ordinatamente, nelle sue molteplici intersezioni e nelle variazioni di piani interpretativi in cui le cause si confondono con gli effetti e si influenzano a vicenda.
La condizione della donna nei secoli, l’industria, la produzione di massa, la politica, la scrittura, la lettura, il romanzo, la poesia, la pittura, l’architettura, la grammatica, lo stato, il nazionalismo, l’individualismo in quanto consapevolezza di sé, i mezzi di comunicazione, l’università, lo studio, la fisica quantistica, la storia della filosofia dalla patristica all’esistenzialismo, il giornalismo, l’opinione pubblica, l’inconscio, il pensiero e la percezione nell’Occidente confrontati con il pensiero e la percezione dell’Oriente e dei popoli primitivi.
Non si può dare un’idea dell’entusiasmo con cui si passa da una pagina all’altra di questo meraviglioso guazzabuglio.
E sarebbe decisamente un atto di presunzione credere di essere in grado di riassumere in un post il contenuto di un libro di portata colossale come questo. Un’opera di dimensioni veramente galattiche.
Mi limito a dire che Marshall McLuhan offre una trama di comprensione di tutta la spiegazione dei movimenti di pensiero degli ultimi secoli che si può trovare nel lavoro di Michel Foucault e soprattutto in Sorvegliare e punire, e non casualmente Foucault apre Nascita della clinica dicendo che nel suo libro si parla dello sguardo, che è appunto la modalità visiva che McLuhan indica come essenza della tipografia. Ma anche per il pensiero di Zygmunt Bauman e per il discorso sull’Illuminismo di Modernità e Olocausto, la lettura di McLuhan è indispensabile per una piena e illuminante (sic) comprensione. E La galassia Gutenberg sarà anche un punto di riferimento fondamentale per Oralità e scrittura di Walter Ong (.
Ma soprattutto La galassia Gutenberg è indispensabile per cercare di capire quello che sta succedendo ai nostri giorni, quando la struttura di pensiero che si è costituita sulla tipografia e sulla diffusione dei libri e si è fondata sull’opera di Cartesio sta cominciando a sfaldarsi in quella che McLuhan chiama oralità secondaria, la nuova realtà del tribalismo planetario, della simultaneità della comunicazione, del Villaggio Globale che vediamo nascere attraverso Facebook e Twitter. Perché l’essenza dell’oralità secondaria non è nel prevalere, attraverso radio e televisione, della comunicazione orale rispetto a quella scritta, ma è nel costituirsi di una realtà nuova in cui tutto è simultaneo, è tutto qui e subito, come era nel villaggio tribale.
All’inizio degli anni Sessanta Marshall McLuhan non poteva prevedere Internet. Ma aveva visto giustamente come, a partire dall’elettricità che permetteva la distribuzione istantanea e senza confini dell’energia e quindi della produzione, si sarebbe arrivati a un mondo di simultaneità totale.
Che però non sarebbe stata la simultaneità delle piccole e poche cose immediatamente presenti e fruibili del villaggio tribale.
Ma sarebbe stata la simultaneità degli infiniti elementi di comunicazione del mondo attuale, che richiederà nuove modalità di pensiero e che si andava sviluppando in tempi già brevissimi a quell’epoca, e che si sono fatti ancora più brevi negli anni successivi.
Per i cambiamenti del pensiero legati prima alla comparsa della scrittura e poi alla comparsa dell’alfabeto fonetico e quindi alla comparsa della tipografia si sono impiegati secoli. Ma i nuovi attuali cambiamenti della simultaneità elettronica si stanno verificando in pochi anni. Ed è questa mancanza di gradualità, la madre della nostra angoscia. (bamborino)
Il libro è ricchissimo di refusi che non ho voglia di elencare nel dettaglio. Mi limito a riportare i più efferati e/o grammaticali, con uno snobbismo a pag. 117, accellerare a pag. 243, un aforismo a pag. 253, un’altro a pag. 354.
Ma la cosa tragica è che proprio in questo libro sulla storia dell’Epoca Tipografica, come se fosse stato colpito da un contrappasso dantesco, troviamo il vero gioiello più unico che raro della E maiuscola accentata scritta con l’apostrofo, E’, invece di È.
Questo per la parte strettamente tipografica. Mentre la traduzione ci offre un vero gioiello (sic) a pag. 325, dove nel capitolo su Heidegger un "promoting" del testo originale diventa "rimuovere" in italiano, trasformando una frase sensata in una scemenza incomprensibile e che, se significa qualcosa, è il contrario di quel che dice McLuhan.
Può darsi che gli storici futuri finiscano per definire l’epoca attuale in Occidente come un’era di attacco massiccio all’intimità umana, ai delicati processi tramite i quali cerchiamo di realizzare la nostra identità unica e individuale, di sentire l’eco della nostra propria natura. Questo attacco è imposto dalle condizioni stesse di una tecnocrazia urbana di massa, dalle necessarie uniformità delle nostre scelte politiche ed economiche, dai nuovi mezzi elettronici di comunicazione e di persuasione, dall’esposizione sempre crescente dei nostri pensieri e delle nostre azioni a istruzioni e controlli sociologici, psicologici e materiali. Sempre più noi veniamo a conoscenza dell’intimità reale, dello spazio autentico in cui sperimentare la nostra sensibilità personale, soltanto in forme estreme: esaurimento nervoso, intossicazione, fallimento economico. Donde l’impressionante monotonia e pubblicità - nel pieno senso della parola - di tante vite apparentemente prospere. Donde anche il bisogno di stimoli nervosi di una brutalità e di un’autorità tecnica senza precedenti. (George Steiner, Parole notturne, in Linguaggio e silenzio)

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