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giovedì 22 novembre 2012

Thomas Hardy


Thomas Hardy, Personaggi di vecchio stampo - A Few Crusted Characters. (Marsilio)

Via dalla pazza folla in inglese comincia così:

When Farmer Oak smiled, the corners of his mouth spread till they were within an unimportant distance of his ears, his eyes were reduced to chinks, and diverging wrinkles appeared round them, extending upon his countenance like the rays in a rudimentary sketch of the rising sun.

Che in italiano, trovato in Rete, viene così:

Quando il fittavolo Oak sorrideva, gli angoli della bocca gli si slargavano fino a trovarsi a esigua distanza dagli orecchi;  gli occhi gli si riducevano a due fessure; e apparivano loro intorno certe grinze divergenti che si stendevano sulla sua fisionomia come i raggi di un rudimentale abbozzo di sole nascente.

Si potrebbe obiettare che non si vede un motivo perché le fessure, che Thomas Hardy ha deciso di non numerare, debbano diventare due, e la countenance si poteva più efficacemente e correttamente tradurre, faccia, visto che i dizionari Oxford dicono face or expression, ma comunque c’è poco da fare, potete anche provare a tradurlo per conto vostro, il significato rimane, ma in qualche modo la forza del discorso svanisce, tutto diventa fiacco.
Ecco perché consiglio pesantemente di leggere questo Personaggi di vecchio stampo, che qui è presentato con la traduzione a fronte, per poter apprezzare continuamente il passaggio dalla debolezza del testo tradotto alla piena potenza della parola di Thomas Hardy. O per confrontare una continua esplosione di ritmo che non si ferma mai da una parola all’altra, con un percorso piano che si snoda attraverso i significati invece di saltare da un suono all’altro.
Sono racconti, collegati dall’accadere nello stesso villaggio e dall’essere narrati dai viaggiatori di una diligenza a un compaesano tornato dopo molti anni dall’America.
Storie spassose, storie spaventose, due storie d’amore tragiche.
Storie bellissime. (moll)

C’è da dire qualcosa per la traduzione. Per esempio a pag. 45, poche righe dopo l’inizio, a large carrier’s van viene tradotto, una carrozza a cavalli, e sono rimasta un po’ sorpresa, perché io l’unica carrozza non a cavalli che mi viene in mente (questo anacoluto è una meraviglia) è quella di Cenerentola, che mi pare fosse tirata da topi. A pag. 91 poi c’è mused tradotto, esitò, che sui miei dizionari è più o meno be absorbed in thought. Ancora, a pag. 97 the two remaining ones diventano i due giovani, e a pag. 195 an old village seen by an absolute stranger diventa un vecchio villaggio visto dall’esterno. E questi sono solo alcuni esempi.




C’è gente a cui dell’inglese non importa niente, stanno bene come stanno. (Ry Cooder, Chi è che conosci e io no?)

martedì 14 febbraio 2012

Thomas Hardy

Thomas Hardy, Via dalla pazza folla. (Garzanti)
Dopo un po’ che l’avevo chiuso mi sono reso conto che non ero in grado di definirlo precisamente. Cioè, è una storia d’amore, questo si può affermare con certezza. Che non è poi molto, quasi tutti i grandi romanzi sono storie d’amore, più o meno complicate.
Il fatto di Via dalla pazza folla è che non c’è un protagonista.
O ci potrebbe essere, si può pensare che Gabriele Oak sia il protagonista. E il romanzo comincia con un primo piano ravvicinato della faccia di Gabriele Oak e da lì si allarga alle sue abitudini, ai suoi abiti e ai suoi movimenti. Ma Batsceba Everdene arriva subito dopo. E sostanzialmente Oak poco dopo l’inizio rimane sullo sfondo. Quindi si potrebbe dire che la protagonista è Batsceba.
Oak è innamorato di Batsceba e il romanzo è la storia di questo amore. E Batsceba è decisamente il personaggio principale, tutta la storia gira intorno a lei. Ma Batsceba non avrebbe senso se non ci fosse Oak che la guarda e la ama in silenzio. Cioè Batsceba è nello sguardo di Oak, esiste in quanto esiste Oak. Tanto che il romanzo comincia con Oak che si accorge dell’esistenza di Batsceba.
Poi c’è Boldwood, e c’è il sergente Troy. E c’è Fanny Robin. Tutte catastrofi esistenziali che basterebbero ciascuna per un romanzo a parte, tutti personaggi di potenza enorme. Tempeste che girano intorno a Oak e a Batsceba.
Forse il senso del romanzo è in questa frammentazione, nella divisione un po’ statica tra queste storie che si incontrano e collidono ma tenendo sempre una distanza. Distanza tra le storie, distanza tra le persone.
Gabriele Oak lo vediamo subito in primo piano, in faccia, ma gli altri fanno la loro apparizione da lontano. Come Batsceba e Boldwood, o come Troy che è addirittura solo una voce da una finestra. Poi irrompono. Batsceba tra le fiamme di un incendio, Boldwood nella frecciata tragica di uno scherzo di San Valentino, Troy con uno scontro nel buio della notte. Come Fanny Robin.
E il buio. Si potrebbe dire che è il romanzo del buio. La campagna e le strade nella notte, le case e le taverne illuminate dalle candele. Il buio che non conosciamo più e che prima dell’elettricità era una condizione comune della vita di tutti. La bellezza del buio, delle cose disegnate nei loro contorni da luci precise, localizzate. Presenze e potenze drammatiche degli oggetti, degli ambienti e delle persone.
L’epoca del grande romanzo sta per finire. Non ci saranno più scrittori come Dickens, come Trollope, come Balzac, come Jane Austen. Con Thomas Hardy arrivano le aperture al personale e all’individuale che già si erano presentate con Flaubert. Si avvicina il Novecento. Il radicamento sociale delle storie e la definizione di classe dei personaggi ci sono ancora ma si spostano sullo sfondo.
Forse gli scrittori stanno preannunciando l’inizio delle confusioni del capitalismo avanzato. (bamborino)
C’è il problema del pronome essa, riferito alla persona, invece di ella, presente in tutto il testo, tranne per un ella isolato che appare sorprendentemente a pag. 145. Poi c’è un quisquiglie a pag. 165, le iridi, fiori, invece di iris, indefinibile invece di indefinibili a pag. 327, e nella nota 5 a pag. 339 Steele diventa Steale.
Si segnala a proposito dell’orologio a ripetizione a pag. 235, che con questo termine si intendono gli orologi da tasca e da polso che azionando un meccanismo battono le ore e a volte i minuti, necessari un tempo quando il buio notturno era buio totale e non si poteva guardare il quadrante, e che sono prodotti anche al giorno d’oggi da fabbricanti tipo Patek Philippe, per prezzi che si aggirano intorno alle centinaia di migliaia di euro.
I cornuti finiscono tutti all'inferno. Che Dio ci protegga. ('Ala al-Aswani, Palazzo Yacoubian)