mercoledì 2 maggio 2012

Walter Tevis

Walter Tevis, L’uomo che cadde sulla Terra. (minimum fax)
Ci possiamo domandare se questa è letteratura di alto livello.
Ci possiamo rispondere che è comunque un gran bel romanzo. Di quelli che quando lo chiudi ti dispiace che sia finito.
Un romanzo di fantascienza.
In Che fine ha fatto il futuro? Marc Augé chiama in causa un certo tipo di fantascienza, per la possibilità che ha di affrontare nella letteratura temi sociologici di vasta portata. Come ha fatto Philip Dick in quasi tutta la sua opera e come ha fatto David Foster Wallace in Infinite Jest. E come fa Walter Tevis in questo romanzo, stilisticamente dotato della potenza formidabile della semplicità più limpida e di un ritmo perfettamente regolare.
Così la storia dell’alieno che diventa un alcolizzato si unisce alle storie dei terrestri alcolizzati che gli stanno intorno, in un graduale avvicinarsi e sovrapporsi di solitudini sempre più serenamente irrevocabili.
Possiamo osservare che Tevis ci parla di un mondo, un futuro previsto nel 1985, in cui si è sempre più vicini alla guerra nucleare e in cui l’essenza della società è la classe media. E possiamo osservare che non è andata così, la guerra nucleare non c’è stata e la classe media pochi anni dopo avrebbe cominciato ad avviarsi verso l’estinzione. Così potremo riflettere che non lo sappiamo, fino a quando continuerà e come continuerà la globalizzazione e tutto il resto che vediamo oggi.
Ma le solitudini di questo romanzo sono le stesse che ci vediamo intorno oggi, che sono forse di più, molte di più di quelle che immaginava Walter Tevis nel 1963. (blifil)
A pag. 39 abbiamo un raffinamento del petrolio, che io ho sempre sentito dire raffinazione, a pag. 157 permette invece di permetta. Poi a pag. 86 compare il vino Sauterne, che potrebbe essere preso per un errore di stampa o peggio per uno sbaglio vero e proprio, in questo caso sbaglio da sfigati. Ma in California c’è un vino bianco qualsiasi che si chiama così, Sauterne senza la s finale, e con ogni probabilità, dato che nel romanzo se lo sbevazzano così a garganella, qui si tratta proprio del vino californiano.
Penso che la fratellanza sia uno stato di confusione grammaticale, tra io e loro, me e lui, con possibilità. (Romain Gary, Mio caro pitone)

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