lunedì 11 giugno 2012

Marc Augé

Marc Augé, Il metrò rivisitato. (Raffaello Cortina Editore)
Più di vent’anni dopo  Un etnologo nel metrò, questo testo forse potrebbe essere considerato un’ostentazione di senescenza. E in effetti Marc Augé qui ne parla molto, del proprio invecchiamento, della propria posizione rispetto a una contemporaneità nei cui confronti non sa come situarsi. Ma sostanzialmente parla solo di questo, e non va al di là di una specie di flusso di coscienza metropolitano (sic) che da una fermata a un’altra, da un quartiere a un altro si sposta tra l’infanzia e l’età adulta.
Molto gradevole dal punto di vista letterario come è sempre Marc Augé, con qualche osservazione agghiacciante come la constatazione valida per Parigi come per Milano del sempre più diffuso, rispetto a vent’anni fa, aspetto di stanchezza e di tristezza, oltre che di povertà, dei passeggeri che si vedono all’ora di punta. Ma il libretto è praticamente esente da qualsiasi riflessione antropologica o sociologica o storica che Augé non abbia già approfondito altrove, e l’unica ma pregevolissima nota di originalità è una riflessione sul rapporto tra l’autore e la propria opera, e tra l’autore e il lettore, e tra il lettore e l’opera in questione.
Che poi, se vogliamo, è ancora una riflessione su sé stesso nel tempo, attraverso il rapporto che si crea con i propri scritti.
E tra parentesi veniamo a sapere che, ancora a Parigi come a Milano, a leggere in metropolitana sono quasi solo le donne. (bamborino)
I tassisti d’oggi sono loquaci come i barbieri di una volta. (Vladimir Nabokov, Fuoco pallido)

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