mercoledì 30 gennaio 2013

Nathan Englander


Nathan Englander, Per alleviare insopportabili impulsi. (Mondatori)

Il risvolto di copertina promette racconti dall’irresistibile verve comica, e pensa te che si comincia con una fucilazione e si procede con un salvataggio collettivo dal lager (non senza la scena, probabilmente ritenuta molto comica anche quella dall’autore del risvolto, di una bambina ammazzata da un cecchino subito prima di essere sbranata da un cane).
Poi Englander abbandona il passato europeo e il registro narrativo cambia profondamente, come se il balzo in avanti nel tempo e lo spostamento di luogo indicassero un mutamento nelle coscienze. Le storie si trasferiscono in un presente prima americano e poi israeliano, in un gorgo di catastrofi esistenziali semplicemente indicibili nella loro essenziale semplicità, sulla cui impronunciabilità si chiudono tutti i racconti, cioè non si chiudono ma rimangono sempre magistralmente e sconvolgentemente aperti.
Si vorrebbe dire e dire, ma qualche volta bisogna arrendersi. Perché assolutamente non sono in grado di trovare o di definire il punto di bellezza di questi racconti, in un certo senso assurdi ma in realtà per niente assurdi o forse assurdi come la vita di tutti. Una bellezza che anche mentre stavo leggendo mi avvolgeva quasi tangibilmente potrei dire come una coperta e contemporaneamente mi sfuggiva.
In un certo senso non c’è niente, in Englander. Sembra che non ci sia nemmeno lo stile e anche il ritmo narrativo è come se fosse inavvertibile, e cambia da un racconto all’altro. Ecco, ci sono dei personaggi formidabili, ma non contano nemmeno quelli di fronte al risultato finale di questo colossale niente di Englander, di fronte a questo niente accecante che genera una incredibile quantità di grandissima Bellezza. (bamborino)

Tanto per spaccare i capelli in quattro, c’è un’incertezza sulla halacha, se si scrive così o halakhah.




La giovinezza è bella e amabile anche nei suoi difetti, ma la vecchiaia val poco, anche nelle sue virtù. (Theodor Fontane, Effi Briest)

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