domenica 14 aprile 2013

Louis-Ferdinand Céline


Louis-Ferdinand Céline, Colloqui con il professor Y. (Einaudi)

Chi decidesse, attirato dalla sfolgorante bellezza dei colori della copertina (tutti stupendi i libri di questa collana Einaudi) e dalle dimensioni contenute del libro, di cominciare da qui la conoscenza del grande Céline, desista e si astenga, perché la fruibilità di questo testo per chi non conosce il Viaggio al termine della notte e Morte a credito è di una quantità ε piccola a piacere.
Che poi secondo me questi due titoli sono in un certo senso tutto quel che c’è da leggere di Céline, perché sempre in un certo senso, che poi non lo so bene che senso è ma fa niente, in un certo senso sono d’accordo con Charles Bukowski, che come me lo mette tra gli scrittori che più ama, ma in Donne dice che però solo per questi due libri, perché dopo aveva solo voglia di dare fastidio (Céline, non Bukowski, pur riconoscendo che quanto a voglia di dar fastidio Bukowski non scherza neanche lui) e si è messo a prendere per il culo lettori ed editori scrivendo roba praticamente illeggibile, e io ci aggiungo che era pienamente consapevole di quel che faceva come dice subito in Guignol’s band I, rompo i coglioni a tutti, cioè padronissimi di leggere, ma è già tanto se si riesce a resistere per una pagina o due, e questo forse solo in Casse-Pipe.
Perché poi Céline avesse voglia di dare fastidio, si capisce benissimo innanzitutto leggendo Viaggio al temine della notte e Morte a credito e in seguito informandosi sulla sua vita, che lascio perdere, perché uno dei più grandi scrittori di tutti i tempi, che spacca il Novecento con una ferita insanabile, uno scrittore così va preso in considerazione per quello che ha scritto e non per quello che è stata la sua vita. Come del resto di qualsiasi altro grande artista, conta quel che troviamo nella sua opera, e non quello che faceva tra la mattina e la sera.
E allora non mi sogno nemmeno di approfondire l’intenzionalità di una mente che è decisamente superiore alla mia e siccome sono d’accordo con lui, seguo il suo esempio e faccio come lui, cioè a lui scrittore non gliene fregava niente di me lettore, e a me lettore non me ne frega niente di lui scrittore, e quindi mi prendo il libro e mi limito alla pagina scritta, ovvero ricordandomi di Walter Ong in Conversazione sul linguaggio, in nome di Walter Ong e potrei dire anche in nome di Noam Chomsky decido di occuparmi appunto di quello che Céline ha in comune con me, cioè come dice Humberto Maturana in Autocoscienza e realtà quel che Céline ha in comune con me in quanto essere umano è l’esistenza nel linguaggio, e lascio perdere quello che aveva di solo suo e personale, cioè la volontà e l’intenzione.
Così adesso che ci ripenso mentre sto scrivendo il post in un certo senso cambio idea e decido che Bukovski era proprio un coglione, e di dire la sua su uno come Céline non se lo doveva assolutamente permettere, e che se a lui a leggere le altre opere di Céline gli faceva fatica, be’, cazzi suoi e che se ne stesse zitto. Caro Bukowski che comunque mi piaci e ti voglio tanto bene.
Cioè Céline è un Grande in tutto quello che ha scritto, e questo Colloqui con il professor Y rimane sempre vietato a quelli che vorrebbero cominciare da qui per il già considerato motivo idiota che è un libro molto più piccolo del Viaggio e di Morte a credito, ma gli altri, i cultori di Céline già sverginati stilisticamente da questi due romanzi, se vogliono trovare una bella base di partenza per decidere se cominciare o no per esempio il faticoso ma importante viaggio Da un castello all’altro, ecco che qui la base l’hanno trovata.
Base di contenuto e base di stile, perché il dottor Destouches, che ogni tanto è il caso di ricordarsi che Céline era un medico perché credo che solo un medico, o almeno un medico come erano i medici di una volta fino a poco tempo fa, solo un medico possa arrivare a conoscere la gente e il mondo in questo modo e ad amare la gente fino al punto di incazzarsi così, con la gente che si rovina la vita tutti i giorni e la rovina agli altri, il dottor Destouches in questo scritto si scatena con tutto quello che ha di migliore, e partendo dall’editoria parla come al solito di tutto e ci scarica addosso una gragnuola di parolacce e dei famosi tre punti sospensivi che impestano tutte i suoi scritti dopo il Viaggio e Morte a credito e come al solito oltre a incazzarsi e farci incazzare ci fa anche ridere con i movimenti di questa conversazione all’aperto tra lui e un interlocutore che si piscia addosso per tutto il tempo.
Comunque, per i conoscitori e amanti di Céline, dico subito che qui il Maestro c’è in pieno, si fa capire e dà fastidio a più non posso, come ha saputo fare solo lui.
Basta. Questo blog è fatto da gente che venera Céline, qualcuno di noi (io) l’ha incontrato a sedici anni e dopo cinque pagine del Viaggio si è detto, ecco uno che ha capito tutto, qualcuno l’ha incontrato più tardi ma ha comunque sentito subito di aver trovato un padre spirituale, e chi è d’accordo con noi, e con il Grande, si legga questo libretto.
Tenendo presente due cose.
Innanzitutto che la traduzione di Gianni Celati e Lino Gabellone è bellissima, nel senso che Céline scriveva in uno stile parlato e qui in italiano troviamo appunto uno stile parlato che oltretutto viene proprio bene perché si tratta di una conversazione, e tradurre Céline non è facile neanche un po’.
In secondo luogo, che la postfazione sempre di Gianni Celati mi piacerebbe che la leggesse Céline, ma secondo me nel Paradiso degli Scrittori l’ha letta, e per quel che riguarda lo scrivere di lui usando espressioni come “figura ancipite” e “inferenza diretta dalle singole proposizioni, prese come proposizioni assertive invece che come proposizioni ipotetiche” se potesse verrebbe giù e prenderebbe per un orecchio il Celati e lo porterebbe come in questo scritto in Square des Arts-et-Métiers ma invece di concedergli un colloquio gli farebbe fare un molto assertivo giro di calci in culo. (blifil)

A pag. 54 c’è un magnifico, si sgaggi, come seconda persona singolare del verbo sgaggiarsi, che non sono sicuro che si scriva con la g doppia, secondo me qui a Milano e anche in altre parti della Lombardia lo diciamo e lo scriviamo con una g sola, a pag. 75 c’è un Vlaminck, e a pag. 105 c’è una poluria invece di poliuria, refuso ancor più ridicolo in quanto appunto Céline era un medico. 




Una conversazione è un viaggio e ciò che le dà valore è la paura. Arrivi a capire un viaggio perché hai avuto una conversazione, non viceversa. Cos’è la paura dentro al linguaggio? (Anne Carson, Un saggio sul Cammino di Compostela)

Nessun commento:

Posta un commento