Henri Bergson, Il riso. (SE)
Henri Bergson faceva il filosofo ma ha preso un Nobel per la letteratura. E più che fare il filosofo, forse ha fatto lo psicologo, non nel senso moderno di inventare esperimenti per stabilire come funziona la mente umana, e soprattutto per stabilire cosa è normale e cosa non è normale, vedi quel che dice Michel Foucault in Sorvegliare e punire, ma nel senso in cui tutti i filosofi si erano occupati per più di duemila anni di questo argomento, cioè si sedeva lì e rifletteva e si osservava, dato che come dice all’inizio di L’evoluzione creatrice, “L’esistenza di cui siamo più certi e che conosciamo meglio è, innegabilmente, la nostra”.
O magari le sue riflessioni le faceva in piedi, o camminando, non si può sapere, e in questo riflettere e osservarsi faceva del suo meglio per non pensare delle stronzate, e in generale ci riusciva in pieno.
Il Nobel credo che glielo abbiano dato perché quello che pensava poi lo scriveva con una fluidità straordinaria e in uno stile meraviglioso, che rende la lettura delle sue opere un doppio piacere. Il primo piacere è appunto quello stilistico, e il secondo è il piacere di leggere quello che scrive uno che si capisce subito, dalle prime righe, che ha le idee chiare e, cosa sempre più rara, sa di cosa sta parlando e riesce a farlo capire benissimo a chi legge. Provare per credere, con il Saggio sui dati immediati della coscienza, che può costare una piccola fatica, ma in fondo non richiede un impegno che vada al di là della semplice attenzione.
Nessun impegno, invece, per leggere e digerire Il riso.
Che parla con una scioltezza spettacolare del perché si ride, cioè di cosa è che fa sì che un fatto o una narrazione siano dotati di comicità. E allo stile meraviglioso si aggiunge la bella quantità di esempi che Bergson analizza per sostenere le sue opinioni, e ovviamente gli esempi sono comici, e alla fine del libro, che è il solito piccolo gioiello della SE, avremo imparato qualcosa, ci saremo goduti lo stile, avremo nutrito lo spirito con un cibo d’altri tempi anche se lontano dalla raffinata fichezza del lardo di Colonnata del Castelmagno e del’olio delle olive Taggiasche, e un po’ di semplice riso non sarà mancato nella nostra bocca di stolti. (bamborino)
Ogni lettura è un atto di resistenza. A tutte le contingenze. (Daniel Pennac, Come un romanzo)
Nessun commento:
Posta un commento