giovedì 15 dicembre 2011

James Stephens

James Stephens, La pentola dell’oro. (Adelphi)
L’ho letto la prima volta non so più quanti anni fa. Tanti. Forse nel 1970.
Non mi ricordo perché l’avevo comperato, ma è tanto bello anche da vedere, con la sua copertina rosa e azzurra con il ramo di mandorlo in fiore di Van Gogh. E a parte l’essere stato una delle letture più piacevoli della mia vita, il libro ha la particolarità, probabilmente co
legata al fatto che si tratta di una storia tra il filosofico e il fiabesco, di essere magico.
Mi spiego. A un certo punto compare il dio Pan, che dice a una ragazza, Voglio che tu mi voglia, e non so perché, probabilmente per un’incantesimo, io avevo pensato che se regalavo il libro a una che allora mi piaceva tanto, quando leggeva quel passo, sarebbe rimasta stregata dalle parole del libro, e mi avrebbe voluto. Ebbene ha funzionato, e non solo, ma da allora ha funzionato sempre, e non ha mai smesso di funzionare, e tutte le volte che ho regalato il libro sono stato poi ringraziato con l’intensità che desideravo.
Non sono sicuro che l’incantesimo funzionerà ineluttabilmente per tutti, ma anche soltanto leggerlo sarà comunque una magia indimenticabile.
E beiläufig gesprochen, la prima alla quale l’avevo regalato, poi l’ho anche sposata. (saposcat)
Le inserzioni pubblicitarie sono di gran lunga la parte migliore di qualunque giornale o rivista. (Marshall McLuhan, Gli strumenti del comunicare)

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