martedì 6 dicembre 2011

Roland Jaccard

Roland Jaccard, Dizionario del perfetto cinico. (excelsior 1881)
Una raccolta di aforismi.
Tipo di libro che in generale si discosta poco dalla raccolta di barzellette e sviluppa la sua utilità e la sua futilità nell’offrire qualche battuta per allietare la pausa caffè.
Ma non in questo caso. Qui lo scopo dichiarato è l’invito a una riflessione morale, che gli aforismi stimolano attraverso diversi argomenti presi in considerazione in ordine alfabetico.
E secondo me le occasioni di riflessione non mancano, attraverso sentenze lapidarie spesso comiche e spesso tutt’altro che gradevoli, comunque sempre utili per aprirsi a punti di vista nuovi o semplicemente diversi dal solito.
Naturalmente, come si capisce dal titolo, nel segno dell’amarezza e del disincanto. Cioè il record di aforismi lo tocca la voce suicidio, che batte i sarcasmi sull’amore sette a otto ed eguaglia la voce donna.
Quindi anche questa raccolta di aforismi sarà ottima per la pausa caffè, ma più per dar fastidio a tutti che per distribuire letizia.
Con il piacere aggiunto di poter variare facilmente la dose quotidiana di malevola saggezza incorporata, passando anche da un argomento all’altro, e con il vantaggio che anche in condizioni cerebrali eccellenti tanti aforismi verranno dimenticati, per cui si potrà sempre ricominciare da capo, e il delizioso piccolo libro ci potrà far compagnia, pessima compagnia, per un bel pezzo.
E aggiungo che mi ha fatto particolarmente piacere scoprire che Gorge Bernard Shaw sul lavoro salariato la pensa come Herbert Marcuse, e ancora di più m’è piaciuto trovare in Marcel Proust una concordanza con una mia vecchia (sic) idea, ovvero che coloro che affrontano la morte e la vecchiaia con indifferenza non hanno più coraggio degli altri, ma solo meno immaginazione. Cioè, non si rendono conto.
Ma non basta
Perché il libro tocca la vetta del cinismo dopo la fine, con lo scritto di Jules Lemaître che illustra le diverse tecniche utilizzabili per fabbricare aforismi, facendoci crollare addosso l’edificio di sapienza in cui ci sembrava di aver trovato momentaneo rifugio. Ma insegnandoci in compenso un nuovo giochino per la pausa caffè, di cui lascio qui sotto un primo modestissimo esempio personale, al posto della consueta citazione.
Segnalo tra le bellezze più belle i numerosi aforismi di Thomas Szasz, che da uno psichiatra non me l'aspettavo, ma non si può non criticare la condizione ambigua di molti aforismi di Gustave Flaubert, che lì per lì lasciano perplessi perché più che perle di saggezza sembrano pirle (sic) di stupidità, e il curatore della raccolta secondo me avrebbe dovuto avvertire che, in quanto tratti dallo Sciocchezzaio e dal Dizionario dei luoghi comuni, hanno un senso profondamente ironico.
E per quel che riguarda le illustrazioni di Roland Topor, non è che mi abbiano fatto urlare di piacere, ma non ci stanno neanche male. 
Insomma è uno dei regali più belli che ho ricevuto a Natale l’anno scorso. Quindi lo consiglio adesso e per tutte le occasioni a venire. Anche se lo sconsiglio fortemente a chi festeggia San Valentino, perché come diceva Evelyn Waugh, a San Valentino si festeggia solo sé stessi, ma chi festeggia San Valentino, di sé stesso ha ben poco da festeggiare, e lo consiglio anche senza occasioni, e innanzitutto da comperare per sé. (blevins)
Per l’editore, abbiamo Boris Vian che a pag. 101 è scritto normale invece che corsivo come tutti gli altri, e purtroppo a pag. 22 abbiamo un donne incinta invece che incinte, cioè lo so che è pieno di gente che crede che incinta sia un avverbio invece che un aggettivo ma a vederlo stampato m’è quasi venuta la colite ulcerosa, e a pag. 58 abbiamo un ridicolo poterlo esserlo.
Non c’è nulla di più attraente di una donna che ha rinunciato ad esserlo. (Oscar Wilde, L’importanza di chiamarsi Blifil)

1 commento:

  1. Donne "incinta" è il frutto osceno dei nostri tempi. A qualche coglione che conta è venuto in mente che potesse essere un avverbio. Adesso lo dicono anche nei TG.
    Jaccard è un tipo di filosofo che in Italia farebbe la fame. In Francia ancora con il cinismo si divertono.

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