lunedì 16 gennaio 2012

Julio Cortázar

Julio Cortázar, Storie di cronopios e di fama. (Einaudi)
Per combattere il pragmatismo e l’orribile tendenza al conseguimento di fini utili.
Sono parole prese dal libro. Che dicono il libro, tutto quel che c’è da dire di questo libro.
Che è l’inutilità assoluta e insensata della poesia, la bellezza assoluta e insensata della ricerca di quel che ci può essere di meraviglioso in ogni singolo dettaglio irrilevante della vita di tutti i giorni. Trasformato in esplosione comica, ribaltato in colori delicati, ridotto all’essenza di linee semplicissime, ingrandito nella risata e rimpicciolito fino a scomparire in un sorriso.
Fare un nodo in mezzo a un capello. Salire le scale. Dipingere una rondine sul guscio di una tartaruga.
Poesia.
Un tipo di poesia assolutamente rivoluzionaria, perché Julio Cortázar non fa una poesia di stile né di ritmo di parole né di immagini stupefacenti quanto incomprensibili. La sua è una poesia di contenuto, una poesia che è tutta in quello che viene detto, in quello che viene raccontato, in quello che accade. Nella natura e nell’essenza degli atti e dei fatti.
Fino alla visione apocalittica del risultato della ripetizione infinita del gesto che dà origine al libro stesso.
Difficile dare un’idea. C’è solo da leggerlo. Leggerlo da soli o leggerlo ad alta voce, con qualcuno che ci piace. Ci sono pochi piaceri paragonabili alla gioia che dà la risata di una persona cara mentre vi ascolta leggere questi piccoli racconti, questi pezzi di luce forte, di voci disordinate, di sguardi sottili. Si riderà insieme, ci si commuoverà insieme. (moll)
Ho messo il titolo della mia copia, che risale ai primi anni Novanta, perché adesso il titolo è leggermente cambiato, Storie di cronopios e di famas. E mi domando, perché quella s che viene e che va. Soliti misteri delle traduzioni. Le parole di lingue straniere in italiano non fanno il plurale, e allora fama andava bene. Ma i cronopios? Perché allora non farli diventare i cronopi? Soliti misteri delle traduzioni. Del resto, il titolo nuovo mi sembra meglio.
Si fa questo e si fa quello. Si fanno sempre gli stessi gesti, alle stesse ore e, per poco che si stia attenti, il pensiero continua a ticchettare. (Georges Simenon, La neve era sporca)

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