giovedì 16 febbraio 2012

Beppe Sebaste

Beppe Sebaste, Panchine. (Laterza)

Quando si dice un libro scic.
Io non sono mai stato a Big Sur (ma un mio amico ricco ha fatto una vacanza in California e mi ha regalato la maglietta dell’ippodromo dove andava a scommettere Bukowski) ma siccome sono un noto utilizzatore di panchine, in libreria questo libro me l’hanno messo in mano appena è uscito.
Nel quartiere INAcase dove abito di panchine ce ne sono tante, e alla domenica mi piace sedermi a leggere, se non fa freddo, anche perché all’aperto la luce forte fa stringere le pupille e così aumenta la profondità di campo e non ho bisogno degli occhialini da presbite, e nelle sere d’estate mi piace sedermi su una panchina proprio sotto casa, a bere birra e conversare con un mio amico bresciano, le due cose fino allo sfinimento (un altro mio amico, di Seriate vicino a Bergamo, ha cercato la panchina delle sbronze in Google, ma purtroppo è nascosta da un albero).
Il libro, un personal essay sulle panchine e su quasi tutto il resto, l’ho cominciato la sera stessa ma a finirlo ci ho messo più di un anno. Diciamo che scic non è necessariamente un sinonimo di entusiasmante.
L’Autore, che sciccamente passeggia con suo figlio per Ginevra, ci delizia e ci fa morire d’invidia con le sue raffinate frequentazioni (poeti scrittori architetti psicanalisti danzatrici antropologi, mentre il mio compagno di sbronze in panchina non è nemmeno laureato e non ha neanche la patente, come del resto quello di Seriate) e con vaste conoscenze letterarie, soprattutto mitteleuropee e soprattutto Adelphi ma che per quanto riguarda il moderno partono dalla beat generation e arrivano perfino a John Lansdale e all’immancabile Paul Auster, con una puntata fino a Beckett, e qui lo scic è talmente profondo che si parla nientemeno che di Primo amore, che quando era uscito Panchine era l'introvabilissimo tra gli scritti di Beckett.
Naturalmente consapevole dei limiti dei lettori, Beppe Sebaste ci avverte che Lévinas è un filosofo e Marino Moretti un poeta crepuscolare, bontà sua lo ringraziamo tanto, ma sa che non c’è bisogno di dirci che Simenon è uno scrittore. Maigret lo conoscono tutti. E sicuramente, nei paradisi dello scic, tutti conoscono Luigi Ghirri e tutti sanno che cos’è il bookcrossing.
A Beppe Sebaste gli piacciono i gialli, ma in questo campo ahimè lo scic diminuisce. O forse no, se essere trendi (se trendi vuol dire che si fanno le cose di moda, ma io non credo di essere trendi, nemmeno scic del resto, e quindi non conosco bene il significato) è comunque sempre scic, e allora va bene anche leggere i gialli che tirano milioni di copie e ci fanno anche i film.
Tra parentesi, io personalmente agli amanti di quello che adesso viene chiamato il giallo oltre le mille pagine un consiglio, mi sa niente affatto scic, glielo darei, per I fratelli Karamazov di Fëdor Dostoevskij (scrittore russo dell’Ottocento), che col dibattimento processuale del finale diventa quasi un legal thriller e che anche di questo mi pare che ci hanno fatto un film, e del resto il libro può essere considerato come si dice adesso un long seller anche se però purtroppo non è ambientato in Svezia ma nella Russia zarista. Che però anche lì quanto a freddo non scherzavano mica. 
Comunque lo scic inonda il libro, e ci trasporta fino alla vertigine di un capitolo intitolato “Tutto è presente e immanenza”. Perfino gli immigrati sono scic e camminano lentamente e spesso strascicando i piedi, e dev’essere scic anche chiamare rock e del migliore (sic) una canzone bellissima ma melodica tipo Claudio Villa come Perfect day di Lou Reed, e si vede che è scic anche metterla in un libro senza affaticarsi a controllare il titolo, che per Beppe Sebaste sarebbe Just a perfect day.
E poi c’è lo scic comico, quando a pag. 132 veniamo a sapere che I miserabili di Victor Hugo (scrittore francese dell’Ottocento, I miserabili è probabilmente la sua opera più famosa) prende le mosse da una panchina del Jardin de Luxembourg: verrebbe da chiedersi, ma in che film, e mi sa che comincia così uno dei film tratti dal romanzo.
Insomma è tutto scic e davvero non manca niente. C’è Wim Wenders, c’è Walter Benjamin, c’è Peter Handke, c’è anche Paolo Conte.
E siccome che il scic di Beppe Sebaste è un scic di sinistra, non potevano mancare Tex Willer e Capalbio. (bamborino)
Niente è più naturale che considerare ogni cosa a partire da sé, scelto come centro del mondo. (Guy Débord, Panegirico)

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