sabato 3 marzo 2012

Teilhard de Chardin

Pierre Teilhard de Chardin, Il posto dell’Uomo nella Natura. (Jaca Book)
L’idea di Pierre Teilhard de Chardin è che la Vita nell’universo si sia andata sviluppando attraverso un incremento di complessità.
Dalle molecole alle cellule, in aggregati sempre più complessi e organizzati e che si esprimevano nella costruzione di raggruppamenti unitari e chiusi su sé stessi. Che è più o meno quello che qualche decennio dopo avrebbe detto, del vivente, Humberto Maturana .
Oltre un certo punto di complessità di questo processo di avvolgimento e di ripiegamento su sé stessa della Vita dell’Universo, secondo Teilhard de Chardin, si generano le strutture biologiche della riflessione, che si esprimono nella più elevata e complessa manifestazione di questo avvolgimento, che è l’interiorizzazione. Tutto questo giunge al massimo con il Sistema Nervoso Centrale dell’Uomo.
La specie degli antropoidi si sviluppa verso l’Uomo con modalità affatto particolari perché invece di espandersi a ventaglio in diversi generi tende, dopo un’espansione iniziale, a concentrarsi, fino ad arrivare all’Homo Sapiens.
A questo punto, dice Teilhard de Chardin, sulla Biosfera comincia a estendersi il Pensiero.
Così si è arrivati, attraverso il ripiegamento sempre più complesso che si verifica nei cervelli che dal gorilla portano all’Uomo, al punto più elevato di questa complessità della Vita, che è l’Homo sapiens. E la rivoluzione biologica causata dalla comparsa dell’Uomo è un’esplosione di coscienza, per cui dallo Psichismo diretto si passa allo Psichismo riflesso, in cui la Vita diventa capace di previsione e d’invenzione.
A questo punto, nel percorso che dal cacciatore-raccoglitore porta all’agricoltore, in quella che Teilhard de Chardin chiama la Noosfera, compare il nuovo processo, caratteristico dell’Uomo, della Socializzazione che nel corso dei secoli, unendo il patrimonio della genetica al patrimonio sempre più vasto dell’acquisizione di conoscenza, porterà gradualmente ad una sempre più estesa comparsa di processi di Individuazione.
Il posto dell’Uomo nella Natura è un’opera del 1949, e in essa Teilhard de Chardin dichiara che da circa cinquant’anni, da questo Superuomo dell’individuazione, si stanno ponendo le basi per un nuovo processo, quello della Totalizzazione.
Qui ci fermiamo un momento, e saltiamo a Marshall McLuhan, che in La galassia Gutenberg (qua) non senza ricordare Chardin dice praticamente le stesse cose, facendo nascere la spinta individualistica con la tipografia, e dichiarando l’inizio di un analogo processo di totalizzazione con l’avvento della simultaneità elettrica.
Così, anche attraverso il vortice inarrestabile dell’incremento della ricerca scientifica siamo arrivati a quel futuro di coscienza collettiva di cui parla, a proposito di Internet e del World Wide Computer, anche Nicholas Carr in Il lato oscuro della Rete (qui).
Qui Teilhard de Chardin prende in considerazione il malessere generato dal timore di perdere la preziosa scintilla di pensiero del nostro io individuale, e di fronte a questa prospettiva di disumanizzazione, come dice, per planetizzazione, ci mostra come questo processo sia la continuazione autentica e diretta dell’evoluzione.
In quel processo di graduale costruzione della mente collettiva dell’Umanità cui s’era già accennato per I detective selvaggi (qui) di Roberto Bolaño.
La paura vera, la paura più grande riguarda la disponibilità e la distribuzione delle risorse del pianeta, che potrebbe diventare disastrosamente inabitabile prima del compimento del nostro destino, ma questo progresso dell’evoluzione è ineluttabile.
E da questo superiore stadio di capacità di riflessione e di coscienza collettiva, da questo angoscioso e continuo confronto di ciascuno con la mostruosa e affascinante grandezza dell’Umanità, nel futuro che vede Teilhard de Chardin, potrebbe nascere un ulteriore e imprevedibile passo verso un’individualità nuova.
Spero di essere stato in grado di dare almeno un’idea rudimentale di quel che dice Pierre Teilhard de Chardin e di spingere qualcuno ad approfondire la conoscenza del suo pensiero, anche perché la nuova coscienza planetaria di cui egli ha parlato forse ha già cominciato a manifestarsi.
E come al solito si sa come e dove si comincia, ma non si sa dove si andrà a finire.
Speriamo quindi che Dio ci aiuti, perché alla fine di questo cammino della Vita che dura da milioni di anni, alla fine forse c’è proprio Dio. Qualunque cosa si voglia intendere con questa parola. (bamborino)
A pag. 7 c’è un pasticcio, probabilmente generato da un è al posto di la, a pag. c’è sola invece di solo, a pag. 112 c’è aruolato, a pag. 115 c’è l’insopportabile thé invece di tè.
Io non mi sento soltanto figlio del mio tempo, della mia epoca, sensazione che dà un carattere di relatività a tutto ciò che faccio e a tutto ciò che penso, ma mi sento ancora e prima di tutto figlio del tempo, del divenire in generale, ed è questo che fa il valore assoluto di ciò che cerco di realizzare nella vita. Porto in me la nozione di un destino universale, porto in me, nel mio slancio personale, la nozione di una sfera di comunione spirituale con qualche cosa che mi trascende e che mi guida ma che, irrazionale nella sua essenza, non potrebbe né essere staccata dall’io né potrebbe essere meglio precisata. (Eugène Minkovski, Il tempo vissuto)

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