giovedì 24 maggio 2012

Arthur Conan Doyle


Arthur Conan Doyle, Oltre la porta magica. (Piano B)
Il libro sui libri di Sir Arthur Conan Doyle, cioè non sui libri che ha scritto ma sui libri che ha letto e che tiene in biblioteca.
Che potrebbe essere un saggio di critica letteraria e infatti in parte lo è, ma è soprattutto un libro di narrativa perché Conan Doyle questi suoi libri li racconta, ne mette lì dei pezzi che ci fa leggere, li accosta a diversi momenti della sua vita e così attraversiamo l’ambiente della boxe dell’Ottocento, le guerre napoleoniche viste dai soldati e le esplorazioni polari, ci facciamo un giro con i cavalieri medievali, conosciamo Edward Gibbon e Walter Scott e Samuel Johnson e Henry Fielding e il gesuita Padre Jogue e Samuel Pepys e il cavaliere Chandos che combatteva ancora a settant’anni e il Duca di Wellington e leggiamo le bellissime similitudini di cui era capace Robert Louis Stevenson. Con qualche scrittore minore che qui in Italla conosciamo ben poco.
In più, potremo fare una riflessione paragonando quel che succede qui da noi adesso per le intercettazioni telefoniche con la vergogna di Conan Doyle per la pubblicazione da parte del governo britannico delle lettere intercettate agli ufficiali francesi in Egitto.
Era decisamente un maschilista, un po’ patetico forse, e la critica letteraria non era sicuramente la sua specialità, ma anche in questo campo Arthur Conan Doyle ha le sue belle particolarità, e la cretinata che dice di Balzac vale da sola il prezzo del libro e il tempo di leggerlo, e comunque questa è un’opera che alla fine lascia il piacere di una conversazione con una persona che valeva la pena di conoscere e che ce ne ha presentate altre, importanti e meno importanti, ma tutte meritevoli di incontro. (moll)
Innanzitutto lodi e ripetizione di lodi e ancora lodi a tutto spiano per le note una volta tanto a piè di pagina, che bello non doversi affaticare a guardare tutte le volte in fondo al volume. Però la nota per Edward Gibbon appare due volte, a pag. 8 e a pag. 44, a pag. 58 la nota sulle sorelle Brontë fa ridere, a pag. 59 c’è l’indicazione di una nota ma non c’è la nota, a pag. 49 c’è un di che secondo me era meglio del, a pag. 61 c’è un osceno soddisfi, a pag.113 c’è una corrazzata e a pag. 121 c’è un M’Carthy che oltretutto nella nota è scritto giusto. 
Le statue sembrano sempre in attesa. Non sembrano mai arrivate a destinazione. C’è un perenne senso di attesa in ciò che è definitivamente immobile. (Helen Humphreys, La verità, soltanto la verità)

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