venerdì 22 giugno 2012

Jan Potocki


Jan Nepomucen Potocki, Manoscritto trovato a Saragozza. (Guanda)
Un libro pazzesco.
Gente che racconta storie di gente che racconta storie, storie infilate una dentro un’altra e ancora dentro un’altra, cadaveri misteriosi e pornospettri non tanto spettrali, omicidi travestimenti e ammucchiate incestuose, con la sorpresa finale di due storie di spettri in realtà più che solidi, che sembrano parallele e invece trovano un punto d’intersezione semplicemente geniale, e tutto è inserito in una struttura narrativa complicatissima e perfetta che alla fine si richiude su sé stessa con precisione e dà il suo posto a tutto nella sinfonia del quadro generale.
Con personaggi pazzeschi, dal cabalista allo scienziato universale fino allo scopritore del sistema di combinazione delle idee, più un incredibile fabbricante d’inchiostro.
Ma parlare di questo libro e darne un’idea chiara e comprensibile semplicemente non si può. C’è solo da leggerlo. E aprirlo vuol dire entrare in un mondo a parte, settecento pagine che sono quasi una seconda vita.
A me è piaciuto tantissimo, ma l’ho fatto leggere a due o tre amici e per poco non ho litigato con tutti. Persone peraltro di ottime letture, una addirittura con una passione collaterale per la fantascienza, e che quindi credevo che il fantastico le piacesse, anche se il conte Potocki è molto meno fantastico di quel che sembra. Io me l’ero goduta a tutto spiano, gli amici invece si sono annoiati e non l’hanno nemmeno finito.
Così ho pensato che forse questa che mi sembrava la lettura ideale per tutti, il libro universale gotico erotico comico avventuroso filosofico, in realtà era una lettura per pochi, e mi sono ricordato di quando ero diventato matto per Il giornalino di Gian Burrasca, mentre mi annoiavo a morte dopo poche pagine dei romanzi di Salgari.
Ma secondo me forse il Manoscritto trovato a Saragozza sarebbe utilissimo per un confronto tra i capolavori del passato e certe bufale moderniste con pretese di novità, cioè con quel che si è voluto chiamare iperromanzo, genere letterario inventato da Italo Calvino che di iperromanzi credeva di averne scritti più d’uno, mentre in realtà i suoi iporomanzi rientravano in un genere di narrativa spezzettabile ma priva di intersezioni tra le storie, come La vita istruzioni per l’uso di Georges Perec.  
Quindi tenete presente che il Manoscritto è un capolavoro, ma per goderselo forse è indispensabile che ci sia rimasta addosso un po’ di quella specie di felice immaturità che troppo spesso si perde prima della fine della quinta elementare, se mai la si è avuta, e non fatevi un problema se il libro non vi piace. Il problema più grosso ce l’hanno quelli come il conte Potocki, che forse ha scritto il libro perché aveva bisogno di una seconda vita per tollerare la prima e a cinquantaquattro anni s’è ammazzato, e quelli che leggono anche per tirare da un lunedì all’altro e quando chiudono  un libro come questo sono disperati perché sanno che non ne troveranno mai un altro uguale. Con la consolazione che un casino così te lo dimentichi in fretta, e dopo qualche hanno si potrà ricominciare, e sarà ancora tutto come la prima volta.
Per quelli che vogliono intraprendere il viaggio, un avvertimento. Quando arrivano i racconti dell’Ebreo Errante, saltate pure avanti, perché sono solo una rottura di balle e ovviamente, dato il livello generale del libro, sono una rottura di balle pazzesca. (bamborino)
Tutto vorrebbe essere l’uomo, tranne che semplicemente uomo. (Georg Groddeck, Il libro dell’Es)

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