venerdì 21 settembre 2012

Hermann Broch


Hermann Broch, La morte di Virgilio. (Feltrinelli)

Resta da dire, dopo 539 pagine di una prosa affascinante, musicale, in cui le parole le frasi e le pagine si riverberano una dentro l’altra per generare immagini che scivolano anche queste una dentro l’altra e si ricostruiscono in aggregati ripetuti e sempre mutevoli, resta da dire, alla fine di questo romanzo che è un romanzo non tanto come struttura ma perché è la storia di una vita e della sua risoluzione finale, resta da dire che senso ha, che discorso apre e porta avanti, questo romanzo dell’emozione e del pensiero.
Nel momento dell’explicit, che dopo 539 pagine di esplorazione entusiastica delle possibilità della parola come significato e come immagine e suono, dichiara l’insufficienza del linguaggio.
E perché la morte di Virgilio.
Forse perché Virgilio è stato il primo a scrivere consapevolmente per il tempo, il primo a sapere che la sua opera sarebbe durata come l’impero, sarebbe rimasta oltre l’impero.
Gli artisti arrivano sempre prima, e forse Hermann Broch sapeva di compiere il suo capolavoro quando stava per arrivare il momento in cui per l’uomo la tecnologia avrebbe annullato il limite fra il suo spazio interno e lo spazio esterno, il tempo si sarebbe richiuso su sé stesso per aprirsi alle possibilità di un divenire ulteriore. Forse era consapevole di scrivere nello spazio vuoto tra due epoche, in un regno di incertezza che preparava un’epoca nuova, che precedeva il momento dell’apertura alla possibilità di una totalità della conoscenza, in cui il linguaggio avrebbe aperto la fondazione della mente collettiva, della mente totale.
Virgilio percorre le strade di Brindisi, in mezzo alle miserie e alle urla del popolo.
Virgilio sogna, pensa, immagina, si scompone nel tempo, si estende e si contrae lungo spazi che lo attraversano, all’interno e all’esterno dei confini della sua persona fisica. Vuole distruggere l’ Eneide, e attraverso il discorso tra Virgilio e Ottaviano, che vuole che il poema sia salvato, forse Hermann Broch ci vuol dire anche a noi che se l’opera d’arte riceve senso dall’epoca che esprime, crea conoscenza e dà aiuto, ma se l’epoca non ha e non può dare né ricevere un senso, l’arte non è più arte e non ha consistenza.
Virgilio scriveva per un tempo che si muoveva in avanti, nello spazio vuoto del momento della fondazione dell’Impero Romano. Hermann Broch con I sonnambuli ha già scritto per un’epoca che cambiava e si preparava a qualcosa di oscuro, con La morte di Virgilio scrive per un tempo che sta per fermarsi e ripartire, un tempo di attesa, nello spazio vuoto che si riempie dei demoni della Seconda Guerra Mondiale della notte dopo l’arrivo di Virgilio a Brindisi, che aspetta l’arrivo di Internet che riempirà il mondo dell’intrico di radici e di rami delle immagini delle ultime pagine.

E noi dopo di lui aspettiamo che dall’insufficienza del linguaggio nasca il linguaggio dei tempi a venire. (bamborino)

A pag. 10 troviamo Virginia Woolfe e i Buddenbroock, a pag. 78 c’è un’indiazione, a pag. 125 c’è le invece di li, a pag. 338 il sapore è probabilmente il sapere, a pag. 421 c’è che invece di chi, 435 mancano le virgolette, a pag. 449 una virgola in più genera un effetto comico, a pag. 458 c’è il chiaccio, a pag. 504 c’è tuti invece di tutti, e a pag. 530 stele invece di steli. E poi c’è il susurro, che appare come tale fino a pag. 356 dove improvvisamente diventa un sussurro. Ma c’è un bellissimo insieme con, a pag. 100
Anche se non si può non rilevare che il testo, a pag. 233 e di nuovo a pag. 464, fa menzione della carta. La prima testimonianza sulla fabbricazione della carta in Cina è posteriore alla morte di Virgilio, e comunque la produzione della carta, vedi Empire and Communications di Harold Innis, non uscì dalla Cina prima del secolo VIII. 




Ogni cosa, a ognuno, accade precisamente, precisamente ora. Secoli e secoli, e solo nel presente accadono i fatti; innumerevoli uomini nell’aria, sulla terra e sul mare, e tutto ciò che accade, accade a me. (Jorge Luis Borges, Il giardino dei sentieri che si biforcano)

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