venerdì 28 settembre 2012

Jean Rolin


Jean Rolin, Il recinto. (Barbès)

Forse il pezzo di letteratura più letterario che mi sia mai capitato di leggere. Nel senso che l’idea di accostare la storia della vita del maresciallo napoleonico Ney alla toponomastica umana dei dintorni del boulevard Ney a Parigi è come minimo tirata per i capelli e appunto ultraletteraria.
Ma il libro è bellissimo. Tutto scritto per stacchi brevi, continuamente attraversato dalla figura reale dell’autore che si aggira per le strade e per i prati di quello che chiama l’ecosistema della degradata zona di Parigi dove c’è il boulevard Ney e dove il maresciallo fu fucilato, autore così fisicamente presente che ci informa anche di quel che beve e che mangia e di quando va a pisciare e che ci fa stabilire un contatto quasi fisico anche con la figura del defunto maresciallo, parlandone non dal vuoto ma da un quadro o da un libro, e raccontandoci del luogo dove il quadro è esposto e della biblioteca dove consulta il libro.
Ci facciamo la campagna di Russia e passiamo per la battaglia di Waterloo e ci fermiamo a chiacchierare con i barboni che abitano nelle cavità dei piloni della tangenziale, il maresciallo è vivo e le sue avventure si mischiano con la vita e le storie dei barboni, storie meravigliose raccontate mentre da una finestra d’albergo si plana su un panorama di edifici strade e rifiuti descritti nei dettagli e nelle loro trasformazioni nel tempo.
Puttane, teppisti, pensionati, baristi, piccoli trafficanti, operai comunali, storie di suicidi e di morti ammazzati o in incidenti, spacciatori, la guardia giurata ex soldato congolese, l’uomo con la sedia a rotelle “a propulsione elettrica”, c’è di tutto, ci sono anche le crepe nell’asfalto e gli odori del caldo del freddo e della pioggia, i rumori, i colori, i concerti, le partite di calcio. Stacchi di mezza pagina, due pagine, raramente si arriva a cinque, putroppo però poi si arriva alla fine di questo libro che come il disegno in copertina non ha né un capo né una coda e potrebbe continuare per sempre, come continua la vita in quel pezzo di Parigi.
Con un applauso personale all’Autore che si lamenta dello squallore dei festeggiamenti per il nuovo millennio fatti con un anno d’anticipo, all’entrata nel 2000 invece che nel 2001. (blifil)

Sarebbe il caso che l’editore Barbès prendesse una decisione su come si chiama, perché in questo libro a pag. 4 Barbès è scritto con l’accento mentre in altri è Barbes senza accento. In questo volume c’è un’analoga indecisione tra Koutouzov a pag 52 e Koutousov a pag. 74, a pag. 132 un bancale diventa pancale, a pag. 146 (forse a causa dell’intensità di aromi metropolitani di cui è intriso il libro) il regista del film Il prato da Bezin diveta Benzin, a pag. 148 compare una nuova categoria di malviventi probabilmente esclusiva di Parigi, cioè gli estortori, e ce n’è ancora ma mi sono stufato. 




Bisogna stare attenti ai pensieri che vengono di notte: non hanno la giusta direzione, arrivano a tradimento da luoghi remoti e son privi di senso e di limiti. (William Least Heat-Moon, Strade blu)

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