sabato 1 settembre 2012

Michael Pollan


Michael Pollan, Il dilemma dell’onnivoro. (Adelphi)

Maurice Merleau-Ponty dice che la fenomenologia si occupa delle essenze. Diciamo quindi di questo libro che è un trattato di fenomenologia del cibo, considerato appunto nella sua essenza.
Ovvero il cibo innanzitutto nei suoi tre modi, animale vegetale e via di mezzo cioè i funghi, poi il cibo come viene prodotto, e poi il cibo come viene mangiato, nei dettagli delle mostruosità dell’agricoltura meccanizzata e delle bellezze dell’agricoltura semplice, negli inferni della tortura degli animali negli allevamenti intensivi, nelle luci asettiche della produzione industriale e nei misteri quotidiani della composizione chimica.
Tutto sui fertilizzanti, tutto sugli aromi artificiali, tutto su tutto quello che va a finire nel nostro stomaco.
Si parla del cibo negli Stati Uniti, ma da lì il discorso si allarga fino a noi e dilaga nelle pieghe della nostra vita di tutti i giorni, fino a toccare l’essenza dell’essere biologico del nostro organismo e se vogliamo tocca anche l’essenza del nostro esistere moderno confrontato con l’esistere del cacciatore-raccoglitore, in una tempesta di continue sorprese che dalla descrizione degli allevamenti e dei macelli arrivano fino al racconto della catena di fatti che hanno portato al proibizionismo e all’uso massiccio, legato alla fine della seconda guerra mondiale, dei fertilizzanti azotati, e c’è la storia di come e a chi è venuta l’idea dell’insalata nei sacchetti, e l’idea delle maxiporzioni di popcorn. C’è persino un inserto, intenso e conturbante, sulla filosofia della caccia.
E c'è la meticolosa informazione sul rapporto tra la produzione di cibo e il danno ambientale, cioè Michael Pollan ci dice per esempio la quantità enorme di calorie di petrolio che si consumano, con relativo inquinamento, per produrre in agricoltura industriale pochissime calorie di insalata.
Non manca nemmeno un discorso su quella che è spesso una presa in giro molto ben organizzata, ovvero l'agricoltura biologica, che negli Stati Uniti sono sicuramente messi molto peggio di noi, ma anche qui mi sa che c'è poco da scherzare.
Insomma alla fine facendo riferimento a quello che scrive  Giorgio Agamben si può vedere che anche l’alimentazione si configura come un dispositivo. E allora si potrebbe pensare che un po’ di lotta rivoluzionaria ai dispositivi qui vale la pena di farla, oltretutto con un guadagno diretto in salute, nostra e dei nostri bambini, evitando di mangiare qualche porcheria, almeno ogni tanto. Dove per porcheria si intende tutta la roba inutile e che fa ingrassare e che una volta non la si mangiava quasi mai, cominciando dai gelati.
E comunque il libro è bello bello bello, più di quattrocento pagine scritte in piccolo attraverso città capannoni praterie e boschi incendiati, con personaggi straordinari, e Michael Pollan non è mai noioso, nemmeno quando racconta come ha preparato una cena a casa sua. (bamborino) 

Adelphi è un editore che mette fuori solo roba perfetta, ma per questa collana è quasi sempre un casino (vedi Alla ricerca del predatore alfa di David Quammen). Quale sarà il mistero? Correzione di bozze in outsourcing? Un fantasma in tipografia? La maledizione di un autore rifiutato? Nell’attesa della soluzione, scopriamo che a pag. 13 c’è piena al posto di pieno, a pag. 57 c’è una monocultura, a pag. 71 in nota un pasticcio di date, a pag. 157 manca una virgola, a pag. 277 uova invece di uovo, a pag. 303 manca l’un, a pag. 424 c’è no invece di non, a pag. 426 un bel qundici, a pag. 432 la mancanza di un avrebbe genera un pastrugno sintattico.
Peraltro, la traduzione di Luigi Civalleri mostra una bellissima gestione di quel dramma della nostra lingua che secondo me è il rapporto tra il congiuntivo e l’indicativo, e dispiace trovare a pag. 213 l’ormai abituale esaustivo al posto di esauriente, che fa il paio con inusuale invece di insolito a pag. 263, mentre a pag. 336 c’è un agghiacciante soddisfi invece di soddisfaccia, e a pag. 419 troviamo avrei dovuto entrare invece di sarei dovuto.




Io credo nella Digestione… Inghiotto indifferentemente ogni credenza, ogni dogma, ogni morale, ogni superstizione, ogni ipotesi, ogni illusione, allo stesso modo che, durante un buon pranzo, mangio con uguale piacere minestra, antipasto, arrosto, legumi, entremet, e dolce, dopo di che mi distendo filosoficamente nel mio letto, sicuro che una tranquilla digestione mi apporterà un piacevole sonno per tutta la notte, e vitalità e salute per l’indomani. (Guy de Maupassant, Il dottor Heraclius Gloss)

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