mercoledì 26 dicembre 2012

Adolfo Bioy Casares


Adolfo Bioy Casares, L’invenzione di Morel. (Bompiani)

Nell’introduzione Jorge Luis Borges scrive, il timore di incorrere in premature o parziali rivelazioni mi proibisce l’esame dell’intreccio e delle molte delicate accortezze della sua esecuzione.
E per poco che si dica della storia o dell’ambientazione di questo romanzo, si fa dello spoiler.
Quindi dico solo che L’invenzione di Morel è un romanzo di fantascienza, in cui nel 1940 l’autore futurizza una cosa che poi fino ad oggi non si è verificata, ma il fatto è che bisogna vedere se non si è verificata, e se oggi non siamo dentro fino al collo nell’invenzione di Morel.
Cioè Bioy Casares fa un discorso sulla realtà, su cosa è la realtà non tanto nel suo esistere o non esistere oggettivamente in un mondo reale, quanto sul suo esistere fenomenico nelle nostre rappresentazioni mentali. 
O sul nostro proprio personale esistere nella rappresentazione e soprattutto nei discorsi e nelle immagini riprodotte infinitamente.
Che è poi quello che sta capitando adesso con Internet.
E non è un caso che questo inquietante, terribilmente inquietante e fastidioso capolavoro sulle possibili modalità dell’esistere moderno o postmoderno chiuda con un tuffo nel mare della memoria, che dalla variabilità delle menti si sta trasferendo all’eterna fissità dei server. (bamborino)

C’è un bel dò a pag. 137, e vengono uccisi un sacco di congiuntivi, ma secondo me non sempre a buon diritto.




Ciascuno è come Dio l’ha fatto, e anche peggio a volte. (Miguel de Cervantes, Don Chisciotte)

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