lunedì 24 dicembre 2012

Francesco Biamonti,


Francesco Biamonti, Vento largo. (Einaudi)
Cormac McCarthy, Cavalli selvaggi. (Einaudi)

Vento largo è un romanzo breve o racconto lungo, più racconto che romanzo, perché la fine rimane aperta verso un futuro che in fondo si può solo riavvolgere sul presente. E dappertutto c’è la luce. I personaggi e i luoghi sono descritti per piccoli dettagli, e tutto intorno c’è la luce, una luce sempre definita e precisa, i bagliori improvvisi del sole e del mare, una foglia, il colore del cielo, le pietre, la notte, i sentieri nel sole e sotto la luna. La montagna ligure, il mare della Provenza, contrabbandieri e marinai scazzatissimi e nostalgici di un mondo che poco alla volta sparisce, una morte violenta e lontana, fuori posto, una donna che si cerca una vita nuova che sa di non poter trovare, un uomo solo che l’aspetta e ripete sempre gli stessi passi.

E vengono in mente i cowboy di McCarthy, che ondeggiano lenti in un paesaggio completamente diverso in cerca di un mondo ugualmente agonizzante. Dai sentieri di montagna della Liguria si passa alle praterie americane, la luce qui è ampia e diffusa, ma è uguale il parlar poco, è uguale la nostalgia, è uguale l’attesa di niente. C’è anche qui una morte violenta e lontana che non ci doveva essere e qui si cavalca in avanti invece di camminare tra un paese e un altro ma anche qui, si sa che non si va da nessuna parte. (moll)




Lo stravizio è certo un’arte come la poesia ed esige spiriti forti. Per comprenderne i misteri, per assaporarne le bellezze, un uomo deve in qualche modo dedicarsi a studi coscienziosi. (Honoré de Balzac, Lo zigrino)

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