venerdì 29 marzo 2013

Carlo Maria Cipolla


Carlo Maria Cipolla, Le macchine del tempo. (il Mulino)

Ma pensa te che Voltaire (c’è un post su Candido) aveva una fabbrica di orologi.
Il libro di Cipolla non è una storia della misurazione del tempo ma dei primi secoli degli orologi meccanici, dal 1300 al 1700. Brevissimo, piacevole, interessante, con la prospettiva sempre allargata alle problematiche economiche generali del periodo.
S’imparano un sacco di cose, per esempio che nel Seicento i fiammiferi non c’erano ancora e che non è vero che gli svizzeri sono diventati i campioni dell’orologeria perché d’inverno in montagna i contadini non avevano niente da fare. Soprattutto come al solito Cipolla è un vero storico, che non mette lì un elenco di fatti ma dà il senso generale degli avvenimenti, e in più scrive la storia raccontando le cose in un modo che unisce l’esposizione scientifica degli avvenimenti e dei loro collegamenti a una penetrazione ambientale piena di vivacità.
Peccato che alla fine per dire sfida (poco dopo aver usato per due volte la parola italiana) tiri fuori un challenge che fa venire in mente il suo libro più famoso, Allegro ma non troppo. (saposcat)

Per quel che riguarda l’editore, abbiamo una a al posto di una e a pag. 9, contributì invece di contribuì a pag. 11, un estero per estro a pag. 15, la produzione orologera invece che orologiera a pag. 25, e nella nota 43 a pag. 85 manca un pezzo di testo. 




E d’altra parte, cos’è la storia? La rappresentazione scritta degli eventi passati. Ma cos’è un evento? Un fatto qualsiasi? Assolutamente no!, Lei mi dirà, è un fatto notevole. Ora, uno storico come decide che un fatto è o non è notevole? Decide arbitrariamente, secondo il suo gusto e il suo capriccio, secondo la sua idea, come un artista insomma, perché fatti non si dividono, per loro stessa natura, in fatti storici e in fatti non storici. Un fatto è peraltro qualcosa di estremamente complesso. Lo storico rappresenterà forse i fatti nella loro complessità? No, la cosa è impossibile in sé. Li rappresenterà spogli della maggior parte delle peculiarità che li costituiscono, quindi tronchi, inutili, diversi da ciò che furono. Quanto ai rapporti dei fatti tra loro, non ne parliamo neppure. Se un fatto detto storico consegue, cosa del tutto possibile, da uno o più fatti non storici e, in quanto tali, sconosciuti, che strumenti ha lo storico, mi dica, per indicare il rapporto di tali fatti tra loro? E in tutto ciò che le vado dicendo, signor Bonnard, parto dal presupposto che lo storico abbia sotto gli occhi testimonianze certe, mentre in realtà dà fiducia all’uno o all’altro testimone solo per ragioni di sentimento. La storia non è una scienza, è un’arte, e nel suo ambito solo l’immaginazione assicura risultati. (Anatole France, Il delitto di Silvestre Bonnard)

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