lunedì 25 marzo 2013

Chris Abani


Chris Abani, L’ambigua follia di Mr. Black. (Fanucci)

Il protagonista è un nero, appunto Mr. Black, che dipinge murales e va in giro a fare il mimo vestito da Capitan Uncino e vive un po’ in un furgone Volkswagen giallo, cioè per la precisione giallo canarino, e un po’ in una specie di astronave (spiega il fatto dicendo che l’astronave è la sua anima) che si è costruito sul tetto della casa di una sua amica.
Non basta. L’amica di mestiere fa tatuaggi in un posto dove per entrare bisogna avere delle cicatrici evidenti, e lui la cicatrice ce l’ha perché prima dell’inizio del romanzo si era ferito profondamente la guancia sinistra con un coltello, per evitare di gettarsi da un ponte.
Non basta. La tatuatrice fa il suo lavoro in stato di trance, sospesa sopra i clienti per mezzo di ganci che si attaccano a degli anelli d’acciaio che si è fatta infilare nella pelle della schiena.
Non basta. Mr. Black è innamorato di un travestito che fa spogliarelli e si prostituisce e il romanzo ci regala (si fa per dire, perché abbiamo speso 16 euro) una scena di sesso abbastanza noiosa e abbastanza bavosa nel locale dove lavora il trans, dopo di che Mr. Black, che da ore e ore ha un’erezione di cui non riesce a venire a capo, finalmente si masturba con successo nel gabinetto del locale stesso, guardando un altro avventore che si masturba anche lui dopo essersi sciolto i lunghi capelli.
Non basta. Figuriamoci se a un certo punto non salta fuori un nano (vedi post su Donald Barthelme e James Purdy), e ci sono anche le apparizioni dell’arcangelo Gabriele, a volte in forma umanoide, più spesso in forma di piccione.
Non basta. La copertina ha un’orribile scritta rossa e lucida in rilievo, e non sono riuscito a trovare il titolo originale.
A pag. 72 mi sono detto che bastava e ho chiuso il libro, pensando che era un peccato, tutto questo addensamento di trovate mirabolanti e mirabolantemente disgustose scritto in uno stile che corre via facile con un ritmo come di onde, proprio bello, e ho salutato con rammarico l’Autore, che dal risvolto di copertina mi guardava dal basso con una facciona da obeso. (blifil)




Quando non si ha una vita propria, si diventa come una macchina da scrivere. (John Dos Passos, Manhattan Transfer)

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