giovedì 9 maggio 2013

Murakami Haruki


Murakami Haruki, Nel segno della pecora. (Einaudi)

Oh cribbio.
Senza volerlo ho carpito il segreto di Silvio Berlusconi.
Che comunque da anni è sotto gli occhi di tutti, ma si vede che nessuno se n’è accorto.
Anche se nello scrivere questo post mi domando se forse non sarebbe meglio continuare a tacere, e mantenere un pesante e opaco drappo di silenzio su questi segreti, che potrebbero sconvolgere la politica italiana.
Ma mi faccio coraggio e dico subito che sono sempre stato convinto che, anche se stupidamente si fa di tutto per considerarlo e farlo considerare tale, Silvio Berlusconi non sia un palazzinaro corrotto e corruttore. Cioè anche quando si occupava di edilizia, non era uno che distribuiva mance per prendere appalti, ma ha fatto cose decisamente fuori dell’ordinario. Per dirne una, i suoi sistemi di vendita erano rivoluzionari fino dai tempi dell’Edilnord di Brugherio, e per dirne un’altra Milano 2 (che non è come credono in molti a Milano ma a Segrate) è un quartiere progettato in modo tale che le automobili non passano dove passano i pedoni, e per attraversare le strade ci sono dei ponti: che io sappia, di quartieri o meglio piccole città così in Italia c’è solo questa.
Ma lasciamo stare l’edilizia. Piaccia o non piaccia, Silvio Berlusconi semplicemente fino ad ora non ha sbagliato un colpo. Dal Milan alla politica.
E c’è poco da tirar fuori la corruzione e le collusioni con la mafia. Per andare avanti tanti anni senza sbagliare mai, la corruzione non basta.
Non basta nemmeno l’intelligenza, di cui Silvio Berlusconi è sicuramente dotato in quantità cospicua, o comunque superiore ai suoi avversari e ai suoi alleati.
Ci vuole qualcosa di più.
Molto di più.
Ci vuole quel talento naturale per fare il capo che l’ha portato ad essere il primo Presidente del Consiglio che si è degnato di mettere la sua voce in uno spot che parla delle bellezze dell’Italia, che qualcuno dei soliti poveretti può anche dire che è una trovata demagogica, ma prima di lui non era mai venuto in mente a nessuno.
Insomma per essere come lui ci vuole qualcosa che gli altri non hanno.
Quindi vengo al fatto.
Questo romanzo di Murakami è la storia di un tale che si trova senza volerlo a dover cercare una misteriosa pecora stregata, aiutato in ciò, per una parte dell’avventura, dalla sua ragazza (sua di lui, non della pecora) che è anche lei un tipo abbastanza misterioso, dotata di orecchie di soprannaturale bellezza che le conferiscono poteri di premonizione.
E anche se è evidente che la faccenda della ragazza orecchiuta sconfina ampiamente nel fantastico e nell’inverosimile, la questione della pecora merita un discorso a parte.
Cioè la pecora, diversa da tutte le altre pecore, fa la sua comparsa negli anni Trenta, durante l’invasione giapponese della Manciuria. Lascio perdere il resto per non rovinare la lettura di una storia decisamente avvincente e con ambientazioni meravigliose e personaggi piacevolissimi (l’autista, l’albergatore, l’uomo-pecora di cui c’è anche un’illustrazione), raccontata con un ritmo perfetto in cui il thriller si mischia con fulminee considerazioni filosoficoesistenziali e c’è anche la bellissima storia della nascita dello sviluppo e della decadenza di una città, con la scansione continua della cromaticità musicale delle stagioni intorno a tutto e dentro a tutto. Lascio perdere di dire che è un romanzo bellissimo e vengo al fatto sostanziale, ovvero che a un certo punto la misteriosa pecora stregata si introduce in un oscuro e geniale personaggio della destra giapponese e da quel momento, come si dice nel romanzo, lo abita. Questo personaggio abitato dalla pecora, che sarà in seguito conosciuto come il Maestro, gradualmente costruisce quel che viene definito un impero, un vasto apparato di dominio sotterraneo di tutta la società giapponese, basato sul controllo della pubblicità e dei mezzi di comunicazione.
Già questo ci dovrebbe far venire in mente qualcosa.
Ma non è tutto qui.
Perché la vera sostanza esplosiva del romanzo di Murakami è che la pecora a un certo punto abbandona il Maestro, e quand’è che la pecora abbandona il Maestro, che a quel punto muore?
La pecora misteriosa abbandona il Maestro nel 1978.
E lo sanno tutti che Silvio Berlusconi comincia ad occuparsi di televisione proprio nel 1978, e da lì inizia la costruzione graduale del suo impero, nel quale la pubblicità e il controllo dei mezzi di comunicazione hanno una parte essenziale.
Ecco.
Se diamo retta a Murakami, con ogni probabilità l’immarcescibile Cavaliere è abitato dalla pecora.
Forse ne è consapevole, forse non se lo immagina nemmeno. Noi gli possiamo solo augurare di non avere un aneurisma cerebrale.
E se non sono stato chiaro basta leggere il romanzo che si capisce tutto. (saposcat)

A pag. 212 c’è una cosa poco chiara, cioè una misura riferita a dei sacchi, che parrebbe più sensato riferire alla vasca che c’è lì vicino. Ma vale  la pena di far notare che forse la vasta notorietà di Murakami Haruki sta dando una mano alla fine di un malcostume diffuso da sempre nell’editoria italiana e non solo nell’editoria, al quale per quel che ne so si è sottratta solo Adelphi, cioè di storpiare il nome degli scrittori giapponesi mettendo il nome prima del cognome. Che è come si fa qui in Occidente, ma i nomi dei giapponesi non sono come i nostri, e va tassativamente prima il cognome, come qui per esempio, quando si fa riferimento a Mishima Yukio.




Mostra al più balordo zuccone, mostra allo sciocco più arrogante che ha di fronte a sé un’anima a lui Superiore; abbia pure le ginocchia rigide come ottone, egli deve genuflettersi e adorare. (Thomas Carlyle, Sartor Resartus)

1 commento:

  1. Ammetto la mia colpa, a me Murakami fa cagare.
    Mi scuso per l'eccessiva finezza.

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