mercoledì 8 maggio 2013

Nassim Nicholas Taleb


Nassim Nicholas Taleb, Il Cigno Nero. (il Saggiatore)

Un libro che a prima vista sembra di finanza ma che è in realtà un libro di filosofia, che sembra voler aiutare a gestire i soldi e che invece aiuta a vivere. Un Autore che ha letto molto e bene, poco di finanza, molto di filosofia e romanzi, e che da queste letture ha tratto molto.
Un libro che ci aiuta a capire che siamo fatti in una determinata maniera, ovvero siamo esseri umani, e come tali, contrariamente a quello che pensiamo, ci comportiamo spesso in maniera bizzarra e imprevedibile.
Per esempio, contrariamente a quanto qualunque economista pensa, la gente potrebbe preferire altro che massimizzare i propri interessi economici. Pensateci e vedrete che spesso fate così anche voi. Inoltre viviamo in un mondo che, sempre contrariamente a quello che pensiamo, è un mondo spesso bizzarro e imprevedibile.
Di fatto quello che alla fine il libro cerca di dire è che di quanto sopra dovremmo farcene una ragione e forse vivremmo meglio. Direte, lo sappiamo che è così, sai la novità. La novità è che anche se lo sappiamo spesso ci comportiamo come se non lo sapessimo. E il bello è che non ci possiamo fare niente.
Il mondo è dominato innanzitutto da ciò che è estremo, sconosciuto e molto improbabile (secondo la nostra conoscenza attuale), mentre noi continuiamo ad occuparci di aspetti secondari e a concentrarci su ciò che è conosciuto e ripetuto.
Nella vita reale le probabilità non si conoscono, vanno scoperte, e le fonti di incertezza non sono definite. I rischi “calcolabili” sono del tutto assenti nella vita reale: esistono solo negli esperimenti di laboratorio.
Rispettiamo ciò che è accaduto ma ignoriamo ciò che sarebbe potuto accadere. Sopravvalutiamo ciò che conosciamo e sottovalutiamo l’incertezza, comprimendo la gamma dei possibili stati incerti.
La razza umana è affetta da una sottovalutazione cronica della possibilità che il futuro si allontani dal percorso inizialmente previsto.
In linea di massima uniamo una generale sottovalutazione degli eventi isolati a una occasionale sopravvalutazione. Pensiamo che una crisi come quella attuale possa avvenire ogni mille anni ma poi quando è avvenuta pensiamo che ne possa venire una più grande l’anno prossimo.
Pensiamo di poter prevedere il futuro guardando il passato. Viene da pensare che visti i risultati, come dice Taleb “ il futuro non è più come una volta”.
Vogliamo una teoria generale per vivere senza ansia, e in mancanza di meglio ce ne va bene una sbagliata, mentre forse farsi una ragione che questa teoria non c’è ci permetterebbe di cavarcela discretamente. Come dire: bisogna fare molta attenzione se non si sa dove si sta andando perché si potrebbe anche non arrivare.
Siamo esseri umani, facciamocene una ragione, siamo dotati di specifici ed elaborati istinti induttivi. Non apprendiamo solo dall’esperienza di mille giorni ma, grazie all’evoluzione, approfittiamo anche di ciò che avevano imparato i nostri antenati. Peccato che il mondo in cui viviamo è un mondo che ad essere generosi ha 50-100 anni di storia. Così è molto probabile che dai nostri abbiamo ereditato istinti utili per sopravvivere nella regione dei grandi laghi dell’africa orientale, da dove presumibilmente veniamo, ma tali istinti non si sono certamente adattati all’attuale ambiente postalfabetico, intensamente informativo e statisticamente complesso.
Così come il nostro fisico non è fatto per mangiare grandi quantità di carboidrati complessi (e infatti siamo obesi) o i nostri occhi non sono fatti per valutare spazio e tempo andando a 200 km orari. E farsi una ragione di questo, anche questa è una cosa che potrebbe aiutare a vivere meglio. (zarlingo)




Nei pubblici passeggi e nei ritrovi di una città, la gente va per vedere e per essere vista, e lì la stessa espressione si ripete cento volte con poche varianti. Ma nei giorni di lavoro lo sguardo è più vicino alla verità e la rivela più chiaramente. (Charles Dickens, La bottega dell’antiquario)

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