giovedì 27 giugno 2013

Ezio Raimondi


Ezio Raimondi, Un’etica del lettore. (il Mulino)

Mentre aspettiamo che gli uomini del futuro, cioè i bambini e gli adolescenti di oggi, entrino come dice Pierre Teilhard de Chardin in una nuova fase di Socializzazione compressiva o siano travolti dall’Apocalisse di Internet (vedi Il lato oscuro della Rete di Nicholas Carr, che aveva previsto quello che sta succedendo con il Chromebook) ci possiamo leggere questo microlibro, 69 pagine in sedicesimo scritte in corpo 12.
Se come dice Humberto Maturana noi, in quanto esseri umani, esistiamo nel linguaggio, allora potremo fare con Ezio Raimondi la riflessione che, quando leggiamo un romanzo, generiamo un organismo nuovo che si sviluppa e si trasforma una pagina dopo l’altra, composto dall’insieme delle parole che costituiscono la narrazione, i personaggi, la formazione del nostro pensiero in quel momento. Che è poi quello che Theilard de Chardin chiama complesso funzionale.
O si potrebbe dire che il nostro rapporto con la nostra memoria e quindi con la nostra esistenza cambia. Cioè cambia la nostra mente, e vedi il post su Anna Karenina.
Ed Ezio Raimondi ci ricorda che questo cambiamento, che è poi comunque una crescita interiore o meglio lo sviluppo della nostra vita interiore, non può avvenire se non attraverso il confronto con l’Altro, che è lo scrittore, e non solo lo scrittore ma anche i personaggi, dotati, in quanto esistenti nel linguaggio, di una vita non meno reale della nostra.
Una vita, diverse vite con cui ci incontriamo, in uno dei rari momenti di distacco dagli eccessi e dalle accelerazioni surmoderne di cui parla Marc Augé in Nonluoghi, in un ambito di delicata solitudine e di fragile isolamento, che in realtà è quanto di più aperto si possa mettere a disposizione del nostro spirito. Certamente più aperto, infinitamente più aperto delle comunicazioni unidirezionali della televisione.
Perché la lettura è un atto creativo, in cui si partecipa della creazione dello scrittore, ridefinendola nella nostra interiorità e rispetto alla nostra esperienza.
Con una riflessione che ha comunque la sostanza della riflessione etica, perché leggere opere che trattano di rapporti umani ci coinvolge sempre in valutazioni morali in cui si impegnano i nostri pensieri sulla storia e sui personaggi e sul loro agire gli uni nei confronti degli altri.
Purtroppo Ezio Raimondi fa riferimento quasi solo alla letteratura tedesca, ma a me sono venuti in mente i romanzi di Jane Austen e di Anthony Trollope, in cui si apre sempre la possibilità, e la necessità, di una riflessione sui caratteri e sulle motivazioni di comportamento che generano i fatti e le risposte ai fatti dei personaggi.
E intanto i libri rimangono lì, passano gli anni e passano i secoli, e la pagina si scopre sempre diversa, per ogni singolo individuo ad ogni nuova lettura e per ogni epoca successiva nelle letture di diversi individui, e la parola si trasforma, trasforma nuove menti in nuove epoche in nuovi modi diversi.
Ma adesso basta, perché nell’entusiasmo non vorrei lasciar qui un post più lungo del libro.
E anche se di tanto in tanto si trovano sintagmi imbarazzanti come “il principio ermeneutico gadameriano” o “il nuovo cronotopo della storia”, pure nel suo eccessivo culturalistico tirarsela questo libro è un gioiello e può dare a tutti ben di più dei 7 euro che costa. (bamborino)




In quel grande discorso con i morti viventi che noi chiamiamo lettura, la nostra non è una parte passiva. (George Steiner, Linguaggio e silenzio)

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