Joachim Zelter, La scuola dei disoccupati. (Isbn)
In una Germania futura ma tutto sommato già piuttosto presente c’è una scuola dove si insegna a cercare lavoro, cioè a inventare e presentare il curriculum nella maniera migliore, in un posto schifoso dove anche la mensa è fatta di distributori automatici e ci sono le stanze da prenotare nel caso che tra gli studenti nascano storie di sesso, e se due la prenotano solo per star tranquilli a parlare, non va bene.
Una storia abbastanza piacevole sull’attuale quotidiano disastro, sovrastato dalle ombre di Kafka, di Orwell e di Dick, in cui la sostanziale impersonalità dei personaggi sottolinea una condizione di azzeramento del senso della persona, che è poi lo stesso di azzeramento delle persone al quale si è dedicato tutto il XX secolo, vedi per esempio Quel che resta di Auschwitz di Giorgio Agamben.
AlIa fine, La scuola dei disoccupati è un libro che non pretende più di tanto e per questo si salva. Con finale elegantemente indeterminato. (saposcat)
Quando l’uomo scopre di essere imperfetto e fallibile, è l’inizio della conoscenza. (James Tyler Kent, Lezioni di filosofia omeopatica)
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