sabato 5 ottobre 2013

Edouard Levé


Edouard Levé, Suicidio. (Bompiani)

Phillip Lopate scrive che le ragioni e gli ultimi pensieri di chi è riuscito a suicidarsi ci vengono quasi sempre negati.
Già dalla copertina siamo informati che Edouard Levé, dieci giorni dopo aver consegnato quest’opera all’editore, si è suicidato. Quindi non facciamo pettegolezzi, teniamo ben presente che una lettura è sempre un’esperienza esistenziale, e leggiamo il libro, che è come una lunga lettera rivolta a un uomo suicidatosi in giovane età, e in questo potrebbe ricordare Memorie intime di Georges Simenon.
Sono poche pagine, lo stile è veloce e accompagna rapidamente verso la fine del libro, senza rendere necessarie interruzioni e senza permettere riflessioni intermedie: i pensieri arrivano tutti in una volta, dopo l’ultima pagina. E quello che posso dire sull’esperienza esistenziale di questa lettura è che, forse perché mio papà faceva l’operaio, questo personaggio che va a cavallo e in barca a vela non l’ho trovato molto simpatico, e ho avuto qualche perplessità sull’evanescenza del suo rapporto con la moglie, e alla fine mi sono domandato cosa voleva dire l’Autore.
Ma come scrive Lopate, la natura radicale del suicidio è che allo stesso tempo attira l’attenzione su un grave problema e annulla qualsiasi possibilità di affrontarlo. (bamborino)




Ogni suicidio è un sublime poema di melanconia. Dove potete trovare nell’oceano della letteratura, un libro che si tenga a galla, che possa competere d’ingegno con questo trafiletto: “Ieri, alle quattro, una donna s’è buttata nella Senna dal ponte delle Arti”? (Honoré de Balzac, Lo zigrino)

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