domenica 13 ottobre 2013

Pat Gilbert


Pat Gilbert, the clash-death or glory. (Arcana)

Uno dei detti celebri di Joe Strummer era “Like trousers like brain” (Tali i pantaloni tale il cervello), e si era fatto una maglietta con la scritta BRIGADE ROSSE che metteva sul palco (si vede bene nei film Rude boy di David Mingay e Il futuro non è scritto di Julien Temple). Aveva le sue idee poilitiche il grande Joe Strummer, che idee fossero non lo sapeva bene nemmeno lui, ma voleva fare la rivoluzione.
I Clash adesso tra i giovani non li conosce quasi nessuno, ma tutti conoscono bene Should I stay or should I go. Questo libro è la storia del gruppo, organizzata in capitoli successivi che narrano le singole storie dei membri e del manager. Come la musica dei Clash, è la storia degli anni che hanno sancito il passaggio dall’ultima possibilità di pensare a cambiare il mondo, che è quel che è stato il punk, alla successiva perdita della possibilità di pensare a qualcosa, nella disgregazione di tutte le linee ideologiche e nella disgregazione della musica, che i Clash hanno rappresentato perfettamente nel loro Sandinista!. Dopo, c’è stato lo sconquasso, e il tentativo di riprendersi ha portato necessariamente al grande rock com’era sempre stato, cioè a quella canzone, Should I stay or should I go, che li ha fatti conoscere a tutti.
I Clash sono stati il massimo del punk, ma sono stati un’avventura musicale e una meravigliosa avventura esistenziale, e il libro dà un quadro affascinante di tutta quell’epoca. Anzi si può dire che è una lettura indispensabile per chi è nato più tardi, quando il rock non c’era più, quando le possibilità di pensare a cambiare qualcosa hanno cominciato ad assottigliarsi inesorabilmente, tanto per vedere com’era fatto il mondo quando non era ancora vietato fumare dappertutto, i cinema non erano multisala, quasi nessuno aveva il cane, e i padri non si rivolgevano ai figli maschi chiamandoli amore.
Ma soprattutto il libro è bellissimo, e la cosa più bella è che Pat Gilbert è riuscito a scrivere un romanzo affascinante e a mandare avanti una storia della musica e delle idee di quel periodo e della vita e delle idee di tutti i membri del gruppo, sempre ben tesa, chiara e lineare, costruendo una struttura narrativa eccellente su un assemblaggio di elementi che è quanto di più incasinato si possa immaginare. Le parti narrative si intersecano con pezzi di interviste ai più svariati personaggi, vita e musica sempre tutto insieme in storie bellissime come la registrazione di London calling con il produttore matto (per seguirla bene bisogna ascoltare il disco) o la notte del tiro al piccione con successivo pestaggio o Joe Strummer che in un albergo dorme ogni notte in una stanza diversa per essere sicuro di aver dormito nel letto dove aveva dormito anche James Dean, con il risultato di un minestrone di alta letteratura in cui si sentono bene i gusti di tutti gli ingredienti. E alla fine, si chiude il libro con il bisogno ingovernabile di bere una Red Stripe e di ascoltare tutto quello che hanno fatto i Clash. (blifil)

Catastrofica pecca editoriale sono gli errori di stampa, moltissimi e spesso al limite del ridicolo, al punto che la storica calzatura del punk, gli stivali Doctor Martens, qui diventano i Doctor Marten’s, e non una ma due volte, che è un refuso forse tollerabile altrove ma sicuramente vergognoso in un libro sul punk. 


The Clash, The Clash. (Isbn)

Meraviglioso libro sui Clash, meravigliose fotografie, c’è anche la macchina del manager Bernie Rhodes con la mitica targa CLA5H. Natale o no, è un regalo con cui si fa un figurone. (blifil)




Questa gente adulta e tanto intelligente s’è chiusa dentro una rete, una maglia tiene su l’altra, sicché l’insieme appare naturalissimo. Ma nessuno sa dove stia la prima maglia che regge tutto quanto. (Robert Musil, I turbamenti del giovane Törless

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