venerdì 14 novembre 2014

René Girard


René Girard, Edipo liberato. (Transeuropa)

Il libro contiene cinque scritti di René Girard, sparpagliati tra il 1965 e il 1985 e quindi in parte precedenti La violenza e il Sacro, e una introduzione di 60 pagine di Mark R. Anspach.
Una volta tanto, l’introduzione vale i testi che precede, innanzitutto come viaggio nel pensiero di René Girard, e soprattutto come contributo alla revisione del pensiero di Freud sul mito di Edipo, con citazioni di diversi autori anche di campo sociologico.
Veniamo così ad ottenere una conferma del vero senso del mito di Edipo, che si trova non tanto nell’incesto con la madre, quanto nella perdita delle differenze, nel crollo delle gerarchie sociali e insieme del sistema di parentela, e nella rivalità con il padre e con i fratelli. Questo anche attraverso la biografia di Sigmund Freud, e le peculiarissime caratteristiche della sua famiglia.
Per quanto riguarda gli scritti di René Girard, che vertono soprattutto sulla revisione e sull’analisi del mito di Edipo, non credo di avere la capacità di fare altro che buttar lì, cioè qui, le cose che mi hanno fatto venire in mente, ovviamente in maniera disordinata.
Che viviamo in un’epoca che forse, con la perdita sempre più profonda delle differenze (vedi La violenza e il Sacro), si muove sempre più rapidamente verso la perdita della possibilità di ristabilire l’ordine attraverso un capro espiatorio. Perché saltano fuori in continuazione capri espiatori sempre nuovi e saltano fuori uno dopo l’altro se non tutti insieme, e ciascuno ha i suoi, dagli omosessuali agli stranieri alle donne a quelli che uccidono le donne, e qualche volta si assiste alla farsa del tentativo di fare di un capo politico un capro espiatorio ma dura poco e in generale i motivi della caprizzazione sono ridicoli.
Che qui in Simmetria e dissimmetria del mito di Edipo, a proposito mi è sembrato di cogliere una possibile ulteriore interpretazione del finale di Memorie del sottosuolo, per cui l’uomo del Sottosuolo non può non espellere Liza dalla propria vita, perché di lei non tollera il rapporto di reciprocità in cui l’ha posta nei suoi confronti, e quindi la tratta come un capro espiatorio. Reciprocità che a guardar meglio, forse è l’essenza del suo rapporto anche con il servitore Apollon, reciprocità alla quale non è in grado di sfuggire quando cerca senza riuscirci di trattarlo come un servitore, per cadere più o meno contemporaneamente nel ridicolo di trattarlo come un padrone.
Poi mi viene in mente che è possibile che il movente primo della perdita delle differenze e della crisi sociale alla quale secondo René Girard fa riferimento il mito di Edipo trovi in realtà la sua origine profonda nell’invenzione della scrittura, perché quando si trovano lì scritte e leggibili, tutte le parole sono uguali, le parole del re come le parole di un servo, e Edipo re si trova infatti in un momento storico di passaggio tra l’oralità e la scrittura (vedi Oralità e scrittura di Walter Ong per approfondimenti), così come in un altro momento di tensione tra la scrittura e l’oralità, come dice Harold Innis in Empire and Communications troveremo Shakespeare e la profonda comprensione della crisi che appare in Re Lear come ce la mostra Marshall McLuhan in La galassia Gutenberg. E la tipografia, prima la tipografia a caratteri mobili e adesso la tipografia digitale che porta un po’ alla volta, anzi molto alla volta cioè rapidamente, a un mondo in cui nessuno scrive più a mano anche per quel che riguarda le comunicazioni interpersonali e quindi  le parole di tutti con l’abbandono dello scritto corsivo sono esattamente identiche, secondo me questa tipografizzazione universale si mostrerà fondamentale nel processo di perdita delle differenze e di instaurazione di sempre più diffuse e sempre più intollerabili reciprocità, vedi social network.
Anche Claude Lévi-Strauss in Il pensiero selvaggio ha posto l’istituzione di differenze come base dell’organizzazione e  del pensiero delle società primitive, e Humberto Maturana pone la differenza come essenza della percezione in Autopoiesi e cognizione, così che non è del tutto imprevedibile e in qualche modo secondo me sta già accadendo che sia l’organizzazione della nostra società sia le modalità di percezione e i modi della coscienza di sé stiano andando incontro a profondi cambiamenti in questo senso. René Girard esplora questi temi nell’ultimo scritto, I doppi e il pharmakos, in cui segnala l’importanza, con una valenza addirittura biologica, della reciprocità tra gli esseri umani, reciprocità, cioè bisogno di reciproca considerazione e di reciproco aiuto, che necessita proprio dell’istituzione di differenze per non sfociare in continuo conflitto. Si può fare a questo proposito una riflessione sul problema dell’equilibrio sempre più delicato tra la reciprocità e le differenze in un’epoca come la nostra in cui le differenze si fanno sempre più sfumate, vedi quanto si è detto per La fine del lavoro di Jeremy Rifkin, equilibrio forse sempre più delicato anche nei rapporti interpersonali, con il risultato di disagi profondi.
In sostanza questi testi esplorano il tema della mediazione, vedi Menzogna romantica e verità romanzesca, nelle sue radici storiche e psicologiche, e nel finale con poche parole René Girard ci indica una possibile via di uscita dal pantano della mediazione, quella rivalità tra uguali che si ferma in un presente eterno proprio perché non può trovare una via di uscita nel vero riconoscimento di Sé nell’Altro, un riconoscimento che parta dall’acquisizione della coscienza di Sé, come per esempio accade in La neve era sporca di Georges Simenon, e non riconoscendo solamente l’Altro come fa l’uomo di Memorie del sottosuolo di Dostoevskij, che non ha un fondamento in Sé e non può fare altro che perdersi, negli altri, in un continuo confronto con un Altro e in un continuo domandarsi cosa è lui, per l’Altro, senza porsi mai il problema di cosa è l’Altro per lui, proprio perché lui, come individuo, semplicemente non esiste, e così l’altro è soltanto immaginato, e di Sé l’uomo del sottosuolo non sa nulla.
Mentre forse si può indicare come sottotraccia generale del libro il suggerimento implicito che tutta la narrativa sia un procedimento autoreferenziale che invischia l’autore i personaggi del romanzo e il lettore in un incessante discorso sul discorso che rimbalza continuamente tra chi scrive chi legge e chi si trova dentro la narrazione, procedimento che forse comincia apertamente con Dostoevskij e diventerà completamente visibile nella narrativa del Novecento in opere come La Nausea di Jean-Paul Sartre, Justine di Lawrence Durrell e Fuoco pallido di Vladimir Nabokov. (bamborino)

A pag. XL abbiamo un sulla invece di sul (sulla suo capo), a pag. 22 manca in, a pag. 82 la invece di lo, a pag. 87 il invece di in.





What is generally called sense, has very little to do with what a man thinks; where self is at all concerned, inclination steps in, and will not give the judgment fair play, but forces it to wrest and torture the meaning of every thing to its own purposes. (Sarah Fielding, The Adventures of David Simple)

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