lunedì 21 novembre 2011

Walter J. Ong

Walter Jackson Ong, Oralità e scrittura. (il Mulino)
Uno di quei libri che possono cambiare la vita.
Una revisione completa della storia della letteratura e dei mezzi di comunicazione che, dato che la letteratura è da sempre il luogo di espressione e di registrazione del pensiero dell’Uomo e i mezzi di comunicazione sono da sempre alla base della nostra esistenza e della possibilità stessa di esprimere e di trasmettere il pensiero, si trova ad essere una revisione completa della storia del pensiero, che scende in profondità anche nel problema della coscienza e dei suoi rapporti con la percezione. Dalla critica testuale alla fenomenologia alla sociologia all’antropologia.
Non è solo un libro bellissimo, non è solo un libro importante, è un libro emozionante ed entusiasmante dalla prima all’ultima pagina ed è sempre comprensibile con facilità. E la comprensibilità è un pregio non da poco in questo campo difficile che è la storia dei cambiamenti del modo di pensare: viene subito in mente Michel Foucault, che è il grande che è ma la facilità e la chiarezza non sono il suo forte.
Per dirne una, ma forse è la cosa più notevole del libro, dopo poche pagine c’è la spiegazione del perché la filosofia occidentale nasce in Grecia, e per dirne un'altra si scoprirà l’importanza capitale dell’opera di Jane Austen. L’unico piccolo dispiacere è che padre Ong non si sia occupato se non di sfuggita anche della letteratura francese, privandoci di un discorso sulla posizione secondo me fondamentale di Prévost e tralasciando anche Céline.
Tenendo presente che pur essendo Walter Ong uno degli studiosi più importanti dei processi che attraverso i cambiamenti dei modi di comunicare hanno cambiato nel corso della storia i modi di pensare dell’umanità, Oralità e scrittura non è tanto un’espressione del suo personale pensiero su questi argomenti, quanto una esposizione e una revisione generale di quel che è stato scritto in questo campo, da Harold Innis a Marshall McLuhan a Eric Havelock a Elizabeth Eisenstein e più o meno tutti gli altri. 
Quindi se ci si interessa un tot alla letteratura e in generale al pensiero, e se si ha qualche tendenza a domandarsi per che strade si muove l’umanità e che cosa sta succedendo nella testa della gente, e che cosa potrà succedere nelle teste di quelli che adesso sono bambini e vengono su a forza di televisione e di videogiochi e di posta elettronica e di Internet e di sms, questo libro è da leggere.
E dopo che l’avrete letto vi verrà voglia di leggere anche tutti i libri di cui parla. (bamborino)

A pag. 12 c’è un divertente tecnici al posto di etnici, a pag. 14 c’è un ototcento, a pag. 88 c’è una virgola fuori posto, a pag. 111 manca un su, a pag. 190 c’è un sì senza accento, a pag. 214 laccia invece di laccio, a pag. 215 c’è un’altra virgola fuori posto, a pag. 235 John R. Searles diventa John N., a pag. 238 c’è uno scoprirebbe invece di scoprirebbero. Soprattutto c’è una scarsa attenzione editoriale alla bibliografia, che è solo nelle note di ogni capitolo senza che alla fine del libro ci sia un elenco alfabetico degli autori e dei testi citati, e vengono riportati nell’edizione originale testi da tempo tradotti in italiano, come le opere di Eric Havelock, che ci sono da una trentina d’anni, e le opere di George Steiner, che si trovano da qualche anno, e come il famosissimo Il crollo delle mente bicamerale e l’origine della coscienza di Julian Jaynes, pubblicato da Adelphi quasi vent’anni fa.
Le sole cose indispensabili per la vita umana sono l’aria, il mangiare, il bere e l’evacuare, e la ricerca della verità. Il resto è facoltativo. (Jonathan Littell, Le Benevole)

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