lunedì 30 luglio 2012

Edmondo De Amicis


Edmondo De Amicis, La maestrina degli operai. (Barbes)
Adesso non è più così, ma quando ho fatto le scuole elementari io, il Cuore era quasi un libro di testo. E allora a vedere lì in libreria un romanzo di De Amicis mi sono detto, proviamo.
E perdinci, qui c’è la sorpresona del De Amicis che parla apertamente di sesso. Cioè, non una narrazione di fatti espliciti, ma il riconoscimento senza mezzi termini dell’esistenza di questa spinta esistenziale. Più un’altra sorpresa, di un capo di vestiario maschile detto sottoveste con le tasche. 
Romanzo breve, storia d’amore di spazi angusti e di menti ristrette. Nel senso che la storia si sviluppa in un’aula di scuola serale situata nell’edificio stesso in cui vivono gli insegnanti, con qualche piccolo spostamento negli immediati dintorni.
Inverno, neve, luci basse. Tutti poveri e anche tutti poveracci. Posto sfigato della periferia di Torino abitato da sfigati, e la miseria in un certo senso si estende alla narrazione, perché i personaggi sono disegnati più come caricature un po’ schematiche che come persone, dalla maestra ipocondriaca alla mamma perennemente addolorata.
Quel che riscatta la storia è che l’amore è una sorpresa assoluta per entrambi i personaggi coinvolti, o meglio travolti. Così lui, il giovane sulla brutta strada, credeva di fare il furbo ma poi si trova di fronte un mondo esteriore e interiore sconosciuto e imprevedibile e non ci capisce più niente e lei, la maestrina che fa quel che può per avere le idee chiare, scopre anche lei che ci sono tante cose che non sa. E alla fine fa l’unica cosa che può fare, e forse se la porterà dietro per tutta la vita. (blifil)
A pag. 121 c’è ai al posto di di. 
In definitiva, non è la quantità di denaro che guadagniamo a renderci felici, ma il fatto che il nostro lavoro ci soddisfa. 

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