giovedì 28 febbraio 2013

Augusten Borroughs


Augusten Borroughs, Correndo con le forbici in mano. (Alet)

Attratto dalla bellissima copertina, come sono sempre quelle della Alet, e dagli slogan pubblicitari dell’interno (Borroughs faceva o fa il copywriter), mi sono comprato questa spaventosa accozzaglia (forse sarebbe più giusto dire accazzaglia) elencativa di personaggi improbabili che vivono in un ambiente bizzarro e fanno cose bizzarre e alternative, a volte strepitosamente bizzarre e alternative come mangiare cibo per animali e lasciare per un anno una carcassa di tacchino sul televisore, che ti fa venire in mente che in realtà tutta questa bizzarria alternativa devono essere convinti che sia una gran figata perché se pensassero che il tacchino è solo un pezzo di roba sporca qualcuno che passa di lì prima o poi in un anno lo tira via, ma se tutte le volte che lo vedevano pensavano ma guarda che figata alternativa, non basta il resto ma siamo così alternativi che lasciamo anche in giro il tacchino, ecco, secondo me Borroughs mentre scriveva pensava anche lui ma guarda che figata fuori dell’ordinario che sto scrivendo, che riesco a far diventare straordinaria anche la divisa di poliestere di McDonald’s, chi l’avrebbe mai pensata la figata alternativa di tenersi su la divisa di poliestere di McDonald’s fino a quando puzza.
E cos’è qui la figata fuori dell’ordinario, non è lo stile perché lo stile è banale qualsiasi, non è il ritmo perché il ritmo non c’è e la storia inciampa tutto il tempo, non è la struttura perché anche la struttura non è niente di speciale per non dire che non è niente del tutto, signore e signori la figata è che questo libro è pieno di figate alternative e se non sei di quelli che gli piace dirsi ma che figata che sono così alternativo, alla fine questo libro non m’è piaciuto. (saposcat)




Invecchiare in fondo non significa altro che non avere più paura del passato. (Stefan Zweig, Ventiquattr’ore della vita di una donna)

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