giovedì 25 aprile 2013

José Saramago


José Saramago, Il Quaderno. (Bollati Boringhieri)

Innanzitutto mi sembra indispensabile chiarire che io sono un accanitissimo dietrologo complottista paranoico a 365 gradi, cioè da tutte le parti in tutti i modi e tutti i giorni dell’anno.
Altra cosa da chiarire, benché io non sia affatto né sia mai stato un suo sostenitore, sono convinto che ci sia una forte evidenza che Silvio Berlusconi è una persona di notevole intelligenza, e che di ciò lo stesso Silvio Berlusconi abbia dato anche personalmente da molti anni ogni possibile prova.
Non solo. Mi sembra poi altrettanto evidente, e ancora più evidente dopo le recenti magre figure dei suoi principali avversari compresi quelli che a forza di dire che se ne doveva andare invece se ne sono andati loro, che fino a oggi Silvio Berlusconi ha dimostrato ampiamente di essere anche un uomo politico di cospicue capacità.
Cioè sarebbe ora di smetterla, di dire cose tipo nano con manie di grandezza perché, comunque lo si voglia considerare, mi sembra indiscutibile che se c’è uno in Italia che si può permettere di pensare a sé stesso in termini di grandezza, questo è Silvio Berlusconi.
Bene o male, è indiscutibile che è diventato il numero uno in tutto quello che ha fatto e non credo che ci sia bisogno di essere uno psefologo professionista per vedere che è l’unico presidente del consiglio che è stato eletto per tre volte direttamente dal popolo e se forse non è il più grande statista della storia d’Italia, è sicuramente, con buona pace di quelli che credono di fare gli spiritosi con la sua statura come peraltro si fece anche con Abramo Lincoln, Berlusconi è sicuramente un personaggio gigantesco, anche una parte del suo gigantismo è probabilmente dovuta alle dimensioni modeste di coloro che lo circondano, e alla dimensione politica minuscola dei suoi oppositori.
Con buona pace della infinita pubblicità che gli è stata fatta per i suoi stravizi erotici, con grida alla vergogna d parte di chi invece avrebbe da vergognarsi ben più di lui, e per la propria pochezza politica.
Insomma Silvio Berlusconi forse non è un noumeno, ma sicuramente è un fenomeno.
Chiarite queste cose, prendiamo in considerazione lo scenario in cui questo libro era arrivato nelle librerie.
Avevamo l’ottantaseienne José Saramago che decide sconsideratamente di dare alle stampe il risultato dell’infelice idea di farsi un blog, e secondo me nelle redazioni delle case editrici, che il grande scrittore (oltretutto premio Nobel) ha abituato a ben altro, leggono, non credono ai propri occhi, ma nessuno ha il coraggio di dire, Noi questa zuppa noiosissima non la stampiamo, che se non si sapesse che l’ha scritta Saramago farebbe solo pena (anche se secondo me a sapere che l’ha scritta lui fa ancora più pena).
All’estero non so come possano aver risolto il problema, ma qui in Italia la soluzione era pronta a portata di mano, perché nel blog Saramago parla male di Silvio Berlusconi e allora, Sai il trucco? diciamo che l’Einaudi, che è sempre stata la sua (di Saramago) casa editrice ma che è di sua (di Berlusconi) proprietà, non l’ha voluto pubblicare per questo motivo che parla male del padrone, così il libro lo mette fuori Bollati Boringhieri e vedrai che tutti ne parlano e anche quelli che Saramago non sanno nemmeno chi è e in casa hanno solo un libro di cucina, con questo qui di libri arrivano ad averne due.
Non conosco il risultato di vendite, ma non riesco ad immaginare un’altra possibilità.
Anche perché se José Saramago qui parla male di Berlusconi, poco dopo parla peggio, e molto peggio, della sinistra in generale, e Silvio Berlusconi, che ho già detto che secondo me è persona di grande intelligenza, di tutta questa operazione potrebbe aver pensato, Sì, me ne diranno dietro ancora una volta di tutti i colori, ma intanto parlano di me, e come al solito la pubblicità me la faranno soprattutto quelli di sinistra.
Fine dello scenario dietrologico complottista.
Passo al libro.
In cui si trovano cose bellissime, come le osservazioni sulla differenza tra il pensiero e la parola del giorno 17 dicembre 2008.
Ma è poca roba in confronto con uno dei più noiosi ammassi di sciocchezze e di sparate buonistiche che mi siano mai capitati tra le mani.
Innanzitutto la posizione di Saramago nei confronti di Dio. Che secondo lui non esiste, e anzi la sola idea di Dio è un danno, vedi le guerre che si sono sempre combattute nel Suo nome, e che se fossimo tutti atei non ci sarebbero state.
Ora, a un uomo di ottantasei anni si possono perdonare molte cose, ma che mi si venga a scrivere con pretese di autorevolezza che le religioni hanno generato delle guerre, invece che essere state usate come copertura di interessi economici, che una cosa così me la dica un sedicente comunista che quando gli fa comodo si dimentica dell’esistenza del denaro, be’, mi sembra proprio grossa.
Del resto a questo proposito mi viene in mente Gilbert Keith Chesterton, che non mi ricordo dove ha detto che da quando non credono in Dio gli uomini non è che non credono più a niente, si sono messi a credere a tutto. E mi viene in mente anche Maurice Merleau-Ponty, che dice in Il primato della percezione e le sue conseguenze filosofiche che è proprio dell’uomo pensare Dio, senza che ciò voglia dire che Dio esiste. E José Saramago non fa eccezione: non crede in Dio, quindi crede a tutto, e anche se non crede in Dio, è un uomo e il pensiero di Dio gli riesce comunque inevitabile.
Risultato, José Saramago non crede in Dio, ma ha una fede incrollabile in Barack Obama, e credo che non ci sia altro da dire: eravamo ormai abituati all’entusiasmo di tutta la sinistra mondiale, convinta che il presidente degli Stati Uniti questa volta non fosse un uomo politico legato a interessi diversi da quelli del suo predecessore, ma fosse un Santo se non addirittura un Profeta della Rivoluzione.
D’altra parte Saramago ha detto anche che la sinistra non ha la più schifosa idea del mondo in cui vive, e quindi sarà interessante vedere che idea c’ha lui, del mondo in cui vive. E che idea ha, ha la solita idea del buonismo sinistro (sinistro in quanto di sinistra e in quanto questo è un modo di pensare veramente sinistro), ovvero una visione della realtà in cui si accomunano gli ebrei, i comunisti, gli zingari e gli omosessuali, in quanto minoranze (leggere per credere, pag. 128). Ora, che i comunisti si possano considerare una minoranza, io questa è la prima volta che la sento. Voglio dire, ebrei e zingari si nasce, omosessuali non so ma tutto sommato credo di sì, ma comunista non ci è mai nato nessuno. E chiamare minoranza i sostenitori volontari e consapevoli di un pensiero politico, be’, mi sembra abbastanza diciamo una sciocchezza.
E infatti non credo che sia mai successo che il numero degli ebrei o degli zingari cambiasse tra un turno e l’altro delle elezioni politiche, come del resto non è mai successo che un ebreo o uno zingaro cambiassero idea e diventassero, si fa per dire, neri o asiatici, e nemmeno delle vie di mezzo. Come può succedere che a uno/a piacciano allo stesso modo gli uomini e le donne, ma non ho mai sentito parlare di comunisti che fossero contemporaneamente di estrema destra, anche se posso riconoscere che ciò si potrebbe essere verificato proprio nel caso di José Saramago, vedi sotto, quel che dice sulle pensioni.
Passo oltre, sempre sul tema del famoso scrittore comunista, per arrivare a quando parla delle FARC, Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane, che siccome rapiscono e ammazzano Saramago li chiama terroristi.
Delle FARC io non so nulla, ma so che qualcuno, tanti anni fa, quando essere comunista voleva dire qualcosa di diverso che prendersela con i ricchi e lamentarsi per le guerre e parlar male del Vaticano e venerare il presidente degli Stati Uniti, qualcuno (mi sembra che era un cinese) ha detto che la rivoluzione non è un pranzo di gala eccetera ma un atto di violenza.
Insomma la vis comunista di José Saramago si esprime nel dire in continuazione che i poveri stanno male e i ricchi stanno bene alle loro spalle, che nelle catastrofi naturali vengono danneggiati solo i poveri e via così, e se ci lascia sorpresi quando parla di quelli che tentano di fare la rivoluzione, il suo slancio verso il cambiamento e il rinnovamento diventa francamente imbarazzante quando incontriamo la vera perla incastonata nel libro, che è il post dedicato a Rita Levi Montalcini.
Per Saramago l’incontro con lei dev’essere stato una vera epifania (sic), e si rende conto di aver incontrato l’anima gemella quando la nostra Rita gli dice di essere contro le pensioni o qualunque altri tipo di sussidio (leggere per credere, pag. 75). Grazie, sentitamente grazie da tutti noi, in Italia e nel mondo, e se ce ne fossero di più, di comunisti come Saramago, come sarebbe bello. Mentre Silvio Berlusconi, giustamente, continua a ridere dei suoi avversari.
E se Saramago si fosse limitato a queste trovate, il libro sarebbe stato noioso e irritante, ma senza arrivare ai livelli di strazio, da Facebook, dei racconti di commemorazioni e cerimonie varie a cui viene invitato e delle promozioni del suo ultimo romanzo, e dei post sui nipotini e sul proprio cane, che somiglia al cane d’acqua portoghese, che è il tipo di cane che Obama ha promesso alle figlie, oh quale onore, tempi nuovi si profilano per il Portogallo (leggere per credere, pag. 160).
Strazio ridicolmente autoreferenziale, come la copertina con la faccia di Saramago vista da uno specchio in cui lui stesso si sta guardando, come dire qui c’è il vero rispecchiamento dell’uomo colto appunto nell’atto dell’autocontemplazione. Che poi, nel chiudere il libro e nel rivedere la faccia rispecchiata, mi è venuto in mente che Saramago nel blog ha parlato spesso delle donne, e posso capire che alla sua età di certe cose uno si possa anche dimenticare, ma insomma sembra che l'unico punto di vista da cui non prende in considerazione le donne sia quello da cui le prendo principalmente in considerazione io. 
Insomma, José Saramago, ben consapevole della propria indiscutibile maestria, confermata dal premio Nobel, e che il premio Nobel sia l’immancabile certa conferma di un grande scrittore lo dice a pag. 161, ha pensato di fare un blog ma non ha pensato che forse scrivere giorno per giorno quello che gli veniva in mente, e scriverlo e comunicarlo immediatamente, era diverso da fare un romanzo. Cioè era qualcosa di molto vicino al giornalismo, ma un po' peggio.
Considerazione che potrebbe dare inizio a un discorso sui cambiamenti che ha portato la scrittura nell’organizzazione e nell’articolazione del pensiero (vedi Walter Ong, Oralità e scrittura è un testo indispensabile per qualunque riflessione su questi temi), sugli ulteriori cambiamenti dovuti alla tipografia a caratteri mobili, sui cambiamenti che si stanno verificando ora con l’uso del pc e della comunicazione via sms e Internet, che aprono questioni totalmente imprevedibili fino a pochi anni fa.
Cioè l’abbiamo già detto, ci troviamo di fronte alla novità assoluta di un linguaggio scritto che si genera e si trasmette con una velocità paragonabile a quella del linguaggio parlato, e cosa può succedere nelle nostre menti a partire da adesso, soprattutto cosa può succedere nelle menti di coloro che non hanno formato il proprio pensiero ai tempi del linguaggio scritto come era fino a poco tempo fa, quello che può succedere non lo possiamo sapere.
Insomma, dal tempo dell’invenzione della stampa a caratteri mobili un libro più irrilevante di questo forse non s’era visto, ma qui in un certo senso è il bello, qui è la vera festa, che questo Il Quaderno non è un libro, è un blog che poi è stato stampato per fare un po’ di soldi e allora ci diciamo evviva, se qualcuno ha paura che ci avviciniamo alla morte dei libri può star tranquillo.
Perché appunto anche per uno come José Saramago che sa trattare la parola scritta come pochi hanno saputo fare, nello scrivere un blog qualcosa nella mente gli si è trasformato, al punto da cancellare tutta l’eleganza e l’incisività stilistica del Saramago scrittore, giornalistizzandolo nella forma e nei contenuti e allora non ci dovremo preoccupare, che i blog scritti giorno per giorno come comunicazione personale tipo Facebook andranno avanti e di questa roba ce ne sarà anche sempre di più, ma la letteratura e i libri non moriranno mai.
Anche se intanto io penso ai giorni fatati di quando avevo letto La zattera di pietra e poi poco tempo fa Il viaggio dell'elefante e mi dico che spero che questo libro finto non mi rovini i prossimi libri veri che leggerò di Saramago.
Ma penso anche a tutto quello che si potrebbe dire, e che in effetti è stato detto, per dirne solo uno da Harold Bloom, per esempio su Dostoevskij, sulle sue idee politiche e su quel che era come persona, e Dostoevskij faceva abbastanza schifo per entrambe le cose, e come dice apertamente David Foster Wallace in Considera l'aragosta, per molti versi era uno stronzo, ma ha scritto comunque quello che ha scritto Dostoevskij, e poi cosa dire di Céline, ma l’uomo è l’uomo e ha il diritto di essere quel che vuole, e lo scrittore è un’altra cosa, e le miserie politiche ed esistenziali dei Grandi non sono affar nostro.
E alla fine, a un uomo di ottantasei anni si possono perdonare molte cose. (bamborino)

P.S. Dato che la Wikipedia segnala tra le particolarità stilistiche di José Saramago che non usa le virgolette per  delimitare i dialoghi, mi sembra giusto ricordare che i dialoghi senza virgolette indicati semplicemente da una iniziale maiuscola come fa Saramago, compaiono già in La paga dei soldati di William Faulkner datato 1926.

A pag. 60 abbiamo un bel le al posto di gli, c’è una certa incertezza su come si chiami Chico Buarque e anche su Cecil B. DeMille, a pag. 79 c’è una acquacultura (del resto se c’è la cultura del vino ci sta anche la cultura dell’acqua), a pag. 88 c’è una jaguar minuscola, con un natale minuscolo a pag. 116 (è un refuso o Saramago l’ha scritto così per sprezzo delle feste religiose?), a pag. 97 troviamo un conquantanove, a pag. 114 un permanentemente.




A mio parere chi vuole scrivere un libro farebbe bene a riflettere parecchio sull’argomento che intende trattare. (Søren Aaybe Kierkegaard, Il concetto dell’angoscia)

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