giovedì 30 maggio 2013

Karen Duve


Karen Duve, Taxi. (Neri Pozza)

Tante volte ho pensato che guidare un taxi fosse un lavoro durissimo, ma che avesse l’affascinante particolarità di offrire una condizione di distacco dal mondo, stare chiusa per sempre in uno spazio ridottissimo e mio, con il va e vieni della vita che entrava e usciva ma mi lasciava lì nella mia invarianza di spettatrice.
Pensieri che questo romanzo ha confermato.
Taxi è la vita di Alexandra Herwig, taxista.
Romanzo allegorico. Forse.
Allegorico nella passione di Alex per le scimmie, passione inconcludente che si rivelerà in tutta la sua inconcludenza nelle ultime pagine, inconcludenza che è la stessa della vita di Alex, dal taxi a tutto il resto.
Allegorico nell’arrivo di ripetute lettere di una misteriosa lotteria, anche quelle segnalatrici di una inconcludenza e di una indeterminatezza che sbaglia anche il suo nome. Con la parallela allegoria della bicicletta con la gomma che si sgonfia in continuazione.
Allegorico quando Alexandra decide di buttare via un po’ alla volta tutto quello che ha in casa.
Allegorico nella totale frammentazione del mondo in microspazi chiusi nei taxi o in piccoli ambienti che si ripetono tutti uguali l’uno all’altro.
Allegorico, sulla condizione generale del mondo, nel Capitolo 50 della II Parte, quando il taxi si ferma a un semaforo rosso, e si ferma anche il tempo, e lo spazio svanisce (vedi Marshall McLuhan Il medium è il massaggio). E la caduta del muro di Berlino passa nel romanzo come un avvenimento dichiaratamente irrilevante.
Poi ci sarebbe anche l’allegoria del rapporto tra uomini e donne, con gli uomini che sono dei nani o dei presuntuosi. E qui salta fuori, forse anche questa è un’allegoria, che per Alexandra la fellatio non è una cosa piacevole, ma un atto di grande degnazione. Il che spiegherebbe tante cose, del suo modo di considerare gli uomini.
Ma alla fine, alla fine anche senza nessun ma, questo Taxi che è un romanzo costruito anzi distrutto in 113 piccoli racconti, questo romanzo della distruzione esistenziale postmoderna alla fine è proprio bello. (moll)

Quasi perfetto, a pag. 100 c’è un lo che secondo me era meglio la, ma a pag. 62 e a pag. 290 c’è gli al posto di le.




Di tanto in tanto è bene interrompere la ricerca della felicità e fare una pausa. (Ry Cooder, Chi è che conosci e io no?)

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