lunedì 24 novembre 2014

Georges Simenon


Georges Simenon, La neve era sporca. (Adelphi)

Simenon è sempre una sorpresa.
Qui c’è il ritmo della narrazione che procede con una sua potenza tutta particolare, per piccolissimi scatti, e da un piccolo scatto all’altro si muove tuttavia con lentezza. Come se ogni piccolo avvenimento, ogni movimento, ogni pensiero dei personaggi fossero suggerimenti di riflessioni.
Una storia sordida, sporca come la neve del titolo, che si muove in ambientazioni ristrette e oscure. Un mondo teso tra l’immaginario e la realtà più semplice e banale, che ricorda i luoghi senza spazio di Samuel Beckett.
A modo suo un Bildungsroman, ma il percorso del giovanissimo Frank Friedmaier non si dirige verso le vette entusiasmanti del romanticismo e dell’idealismo tedesco (vedi per esempio Enrico il Verde di Gottfried Keller) e si muove verso una degradazione sempre più profonda, dall’omicidio al furto e poi di nuovo all’omicidio fino allo stupro.
Ma anche se non diventa una figata di brava persona, Frank ci guadagna la coscienza, che anche in punto di morte è comunque il massimo risultato dell’essere umano.
Perché Frank Friedmaier cerca sé stesso dall’inizio alla fine, e La neve era sporca è il romanzo della ricerca di sé, dall’inizio nella dissimulazione che non riesce a mantenersi tale, alla residenza di Frank in un luogo che non è quel che pretende di essere, fino all’attimo del dolore interiore prima dell’ultimo delitto, in cui si ripete l’incertezza dell’inizio tra la chiarezza e l’inganno, quando nel momento in cui nega in una sostituzione la propria realtà di persona, Frank sente forse che sottraendosi all’Altro in un certo senso cessa di essere. Poi c’è l’arrivo della consapevolezza del proprio esistere in quanto corpo, e poi dalla consapevolezza del proprio esistere scopre definitivamente l’Altro, la donna che vede dalla finestra della prigione, come apertura verso il mondo delle possibilità che prima si era sempre negato.
In fondo, sono gli stessi temi di Tre camere a Manhattan.
Ma in fondo, in Tre camere a Manhattan c’è la vita, e in questa neve sporca c’è la morte. (moll)

A pag. 184 una grossissima lana secondo me sarebbe venuta meglio come lana grossissima e a pag. 215 gli atouts se si decide di non tradurli briscole e si lasciano così, in italiano secondo me sono atout, insisto che l'italiano non fa il plurale delle parole straniere.




Ciò che fa un uomo, è come se lo facessero tutti gli uomini. Per questo non è ingiusto che una disobbedienza in un giardino contamini il genere umano; per questo non è ingiusto che la crocifissione di un solo giudeo basti a salvarlo. (Jorge Luis Borges, La forma della spada)

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