mercoledì 26 novembre 2014

Mario Vargas Llosa


Mario Vargas Llosa, Elogio della lettura e della finzione. (Einaudi)

Discorso tenuto a Stoccolma quando gli hanno dato il Premio Nobel per la Letteratura.
Per l’occasione, Vargas Llosa confessa di essere stato in gioventù un marxista, fatto che evidentemente ritiene essere una colpa grave, per cui adesso, probabilmente per farsi perdonare, vernicia di insulti i regimi comunisti chiamando sabba sanguinoso la rivoluzione culturale cinese e inneggia alla cultura democratica che secondo lui dilaga in America Latina, festeggia la comparsa di una classe media in Spagna e loda gli eroici conquistadores spagnoli che con le loro bisacce, spade e cavalli portarono con sé in America la cultura classica e Cervantes, sorvola in due parole il Cile di Pinochet e si abbandona a patetiche lodi del progresso che ci ha permesso di passare, dalla vita tribale in cui esistere significava unicamente nutrirsi uccidere e fornicare, all’epoca felice dei grattacieli in cui troviamo ampio spazio, come accade in Cina oggi che il sabba sanguinoso della rivoluzione culturale l’hanno archiviato, per lavorare ed essere sfruttati e oppressi e respirare un’aria schifosa.
E non si può non notare che evidentemente a Vargas Llosa gli sfugge che grazie alle meraviglie del progresso e degli sviluppi culturali e industriali del colonialismo la possibilità di nutrirsi, per una buona parte dell’umanità, è diventata sempre più aleatoria. Ma ci dice che fortunatamente nella nostra parte di mondo abbiamo città come Barcellona, dove è stimolante vivere e lavorare, e allora ce ne stiamo contenti. 
Ma a parte la sparata politica e ideologica che lo porta a svilirsi fino a prendersela, con espressioni da talk show televisivo, contro le “ideologie provinciali”, e tralasciando anche i saluti alla moglie e ai nipoti che così veniamo a sapere che sono addirittura sei, nel discorso di Vargas Llosa c’è anche una meravigliosa e potente affermazione della forza della letteratura contro tutte le forme di omologazione dell’individuo e del potere della narrativa di offrire a tutti la praticabilità di un’alternativa esistenziale che toglie spazio alle miserie del quotidiano e introduce nei nostri spiriti l’anticonformismo e la ribellione.
La cosa più importante che gli sia successa nella vita, dice, è stata imparare a leggere.
E dice anche che il capitano Achab rimane lo stesso per tutti gli uomini e tutte le donne in tutte le nazioni e in tutte le epoche, rendendoci fratelli al di là di tutte le differenze.
E cita la grandezza di alcuni personaggi letterari, Emma Bovary, Anna Karenina e Julien Sorel e altri che non conosco, ma direi che questi tre bastano a dare l’idea della ribellione totale che malgrado il suo pensiero politico e forse inconsapevolmente Mario Vargas Llosa ha in mente, perché Emma e Anna si sono suicidate, e Julien Sorel finisce sul patibolo. (bamborino) 

Compare anche in questo testo l’uso in italiano del termine finzione, che per noi non ha mai avuto il significato della parola fiction dell’inglese né della parola ficción dello spagnolo, appunto con questo nuovo significato. Con buona pace della Lega Nord, il linguaggio è una cosa viva e le cose vive vanno incontro alla morte come può capitare ai dialetti anca se a mi me dispias che el milanes l’è mort e per quel che riguarda la finzione non credo si possa protestare più di tanto perché in questo caso non è come per esaustivo e inusuale e realizzare, che la parola in italiano c’è sempre stata e c’è ancora, esauriente e insolito e rendersi conto, e la novità è solo che c’è un sacco di poveretti che credono di fare una figata usando questi osceni anglismi. Con la finzione siamo di fronte a un significato nuovo, e mi sa che ci dovremo abituare.





All’inizio c’era il caos, e il caos non è mediocre. La mediocrità è iniziata da quando gli esseri umani hanno separato la vita quotidiana dai mezzi di produzione. (Murakami Haruki, Nel segno della pecora)

1 commento:

  1. Nonostante alcuni miei amici glorifichino i suoi libri (per esempio quello su Gauguin) Vargas Llosa è un autore che non riesco a leggere. Quanto agli anglismi, hai ragione, sono osceni. Segni oltretutto di un patetico e grottesco provincialismo.

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