domenica 30 novembre 2014

Massimo Cotto


Massimo Cotto, Rock bazar. (Vololibero)

Sottotitolo, 575 storie rock.
Bellissimo.
Troppo bello.
Per tutte le volte che ci vogliamo riposare un po’.
Per tutte le volte che ci viene voglia di essere contenti e di non pensare a niente, per un pochino. O per un pochino di più, perché qui si comincia a leggere, si comincia in una pagina qualsiasi, e non è facile smettere.
Però poi una volta può capitare che hai messo giù il libro ieri, e oggi non ce l’hai, sei in giro e ci pensi, e ti rendi conto che è tanto bello perché ci sono dentro tutte queste persone che sono state lì con la loro musica e le loro voci in tanti momenti importanti della tua vita, e forse ti viene il magone, che a Milano vuol dire una gran tristezza con il groppo allo stomaco.
Perché storie rock cosa vuol dire, vuol dire storie come il rock, e il rock è la musica della seconda metà del ventesimo secolo, la musica della fine del mondo, la musica di tutto che cambia, la musica dello schifo, la musica di gente che sta male. La musica di quando si stava male ma si credeva di poter cambiare il mondo, e invece poi non è cambiato niente.
E poi rock vuol dire anche la canzone di tre minuti e queste storie sono tutte brevissime, pezzetti di vita di musicisti e di gruppi, frammentazioni di spazi e di tempi, come il mondo frammentato in cui sono successe queste cose.
Così queste 575 storie rock sono quasi tutte storie di eccessi e di malesseri, e alla fine sono brutte storie, e tristi.
Ma sono comunque storie ad alto volume, e se per qualcuno sono storie che hanno accompagnato la vita, per quelli che non erano ancora nati possono essere storie che aiutano a scoprire qualcosa di gente oramai in via di estinzione.
Storie di gente che ha fatto tutto quello che poteva in tutti i modi che poteva. Come forse hanno sempre fatto tutti gli artisti.
E poi tra poco viene Natale, e questo libro è uno dei regali più belli che ci siano. (blifil)

Nella storia 181 compare un be’. Secondo me è così che va scritto, be’ come se fosse bene con una troncatura, e non beh che non si capisce cosa voglia dire, a meno che non voglia essere l’imitazione di un belato.




Ci vorrebbe sempre un po’ di musica. (J. P. Donleavy, Ginger Man)

Nessun commento:

Posta un commento