Andrés Neumann, Bariloche. (Bompiani)
Più in là ci sono un tavolo e una mano, più grande e più piccola, che sfiora con le dita il paesaggio. Ci sono una parete bianca e una lampadina fioca che somiglia alla forca di una testa illuminata. Poi ci sono una sedia, un uomo insonne, un salotto in silenzio. E alla fine, in confuso volo, c’è anche lo spettro rosso di una figura bella, ossessionante in camicia da notte…
Tempi moderni, vecchie fatiche del vivere; Buenos Aires la metropoli e la sua discarica, la bulimica, diabolica, inarrestabile discarica del Nahuel Huapí. La madre di tutti i mali, che tutti i mali ingoia e tutti i mali restituisce centuplicati alla follia dei suoi figli ripudiati.
Ogni sera due uomini in tuta fluorescente, il Moro e Demetrio, caricano sacchi di spazzatura, i gesti meccanici, le parole amichevoli che ancora leniscono il freddo dentro, l’abitudine che attutisce lo schifo. E l’alba non ha il tempo di morire, che già la Città ha ricominciato il suo viscido riciclo.
Ogni sera Demetrio carica e scarica merda, ogni giorno Demetrio arranca stanco morto alla sua tana di cemento e vuoto, a cercare il riposo, a cercare di ricomporre il sogno.
E pezzo dopo pezzo, da una scatola di puzzle, ogni sera il suo sogno torna, il suo fantasma dai capelli rossi e l’odore del mirto selvatico.
Bariloche lontana, tersa, profumata; Bariloche terra dell’infanzia finita subito, della povertà ancora dignitosa; del presagio di un amore, che era già rinuncia. Bariloche prima della noia, prima della resa.
In una scatola di puzzle un ricordo che non aiuta a vivere, nella stretta della donna d’altri, la disfatta della carne.
Demetrio che si rassegna, ma che non si abitua. Demetrio che non capisce, che non sa amare. Demetrio che non ha imparato a stare al mondo.
La parola tradisce; tradisce il sentimento, che non può essere tradotto, ma sempre spergiurato, tradisce le intenzioni, che sono sempre le migliori, tradisce il senso, che se mai c’è stato, s’è perso per tempo; ma la parola restituisce la poesia.
Se la tragedia è muta, perché si è già compiuta infinite volte e non conosce ragione, la parola è il fantasma della libertà che corre ancora e non conosce pace.
Un’architettura perfetta tra squarci di irrimediabile bellezza e silenziosi orrori quotidiani, traccia un’epopea di stanchi, e nel cuore nero e possente del dio Nahuel Huapí trova la sua rovina e la sua catarsi. (Rosa M.)
Una manciata di personaggi letterari hanno segnato la mia vita in modo più durevole di buona parte degli esseri in carne e ossa che ho conosciuto. (Mario Vargas Llosa, L’orgia perpetua)
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