martedì 12 febbraio 2013

Luke Rhinehart


Luke Rhinehart, L’uomo dei dadi. (Marcos y Marcos)

A volte compro i libri prendendoli a caso dallo scaffale - be’, non proprio a caso nel senso che spesso titolo, copertina, casa editrice e autore fanno capire che è meglio lasciar stare. Certo, ogni tanto rischi di perderti qualcosa. E qui vorrei aprire una parentesi perché comunque di “perdermi qualcosa” lo faccio da sempre. E devo anche dire che mi piace abbastanza. E in particolare quando mi si dice “non puoi perdertelo” già mi viene una voglia incredibile di perdermelo e spesso trovo tanto piacere a ricordare alcune cose “che mi sono perso” quanto altre “che non mi sono perso”. Perché ho sempre pensato che perdersi certe cose porta tanto piacere quanto il non perdersi certe altre e comunque, dicevo, qualche volta prendo il libro dallo scaffale e leggo le prime due, tre pagine. Se mi viene voglia di leggere la successiva lo compro e se no lo ripongo. Questo libro l’ho comprato così. 
Chi scrive è uno psichiatra che conduce una vita di tranquilla disperazione con perfetta dignità, contegno e grazia. Verso il trentaduesimo compleanno scopre di avere voglia di uccidersi e di uccidere anche parecchie altre persone, e sentendosi in trappola perché è stufo e insoddisfatto della sua vita come era stata fino a quel momento e poiché non vede nessun cambiamento che gli sembri preferibile, si impone di affidare ogni sua decisione ai dadi. 
Il ragionamento apparentemente banale è: non sai cosa vuoi, perché in fondo pensi che ogni desiderio sia arbitrario, insignificante e senza senso, e più in generale pensi che tutto, e l’esistenza in particolare, sia senza senso, e pertanto non ha questa grande importanza, cosa fai o non fai, e allora perché non lasciare decidere a un dado cosa fare? Dopo un’esperienza sempre più estesa sulla sua persona, allarga il metodo prima con gruppi di studio, dai quali risulta ad esempio che “i nostri trentuno pazienti sopravvissuti sono profondamente disadattati nella nostra società demente. C’è quindi speranza.”, poi con vere e proprie scuole per uomini e donne dei dadi, sempre più osteggiato soprattutto dalla categoria dei suoi colleghi psichiatri.
I dadi probabilmente non sono un soluzione, ammesso che ne esista una, ma il fatto che le conseguenze sociali di una nazione di persone dei dadi siano per definizione imprevedibili mentre le conseguenze sociali di una nazione di personalità normali sono ben note (tra l’altro, miseria, conflitti, violenza, guerra e mancanza universale di gioia) è almeno un altro modo di vedere le cose.
Come quasi tutti i libri anche questo stimolerà reazioni diverse. Alcuni diranno “divertente, ho riso fino alle lacrime” e altri rideranno, ma avranno mal di stomaco. Non dal ridere. Con i secondi, maschi o femmine che siano, se ne hanno voglia, si potrebbe qualche volta bersi una birra. (zarlingo)




La maggior parte degli uomini, e la più sana, considera una grande fortuna l’abbondanza di figli; io e qualche altro una pari fortuna la mancanza. (Michel de Montaigne, Saggi)

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